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Visualizzazione dei post da ottobre, 2011

Ospiti non inattesi

Eccomi qui per un rapido aggiornamento: qui dalla Stamberga tutto (quasi) regolare. Il gaglioffo è riuscito a combinare un rendez vous con il suo miglior amico sul web. Quella povera anima della mamma dello stesso, dopo ripetuti contatti via cavo e on line con me, se n’è partita una bella mattina dal Lazio, alla volta di Casa per Caso. Tradita dal satellitare, che ha perso i sensi dopo aver perso la strada (l’ultima parte della bretella autostradale non era mappata, accidenti), la sventurata è arrivata a destinazione esausta, con l’auto carica di masserizie (chissà perché, ha capito che ci piace mangiare…) e di componentistica hardware (i due giovani si sono accordati per un we a base di videogames). Nel frattempo, io avevo trascorso la mattina a verificare che tutto fosse pronto per accogliere gli ospiti: i letti erano stati rifatti con lenzuola pulite, tralasciando però le coperte. Il bagno era stato pulito alla perfezione, ma senza pensarsi di sostituire gli asciugamani.

Corse e ricorsi

Jurassico, sguinzagliato a torso nudo fra bagno e camera da letto: “Dov’è il mio pile nero? quello con il logo qui, il collo così, le maniche colà?” Io, ancora in vestaglia, ciuffo rivoltoso regolamentare e due lavatrici in pieno allestimento: “Hai visto nei cassetti della roba da tennis…?” “Lì c’è solo roba estiva. Dove tieni i pile?” “Insieme all’attrezzatura da sci. Ancora non l’ho scesa…” rispondo io, vittima di una contaminazione linguistica siciliana. “E dov’è?” chiede l’uomo. Già nervosetto. “Ora la recupero...” rispondo io. Rassegnata. Raccatto una scaletta e accedo ai piani alti del guardaroba. Dopo opportuno saliscendi, rovisto in quattro scatole e mezza (la mezza è sua per metà), mettendo assieme sette maglie. Tutte di ottima marca e in condizioni perfette. “No. Voglio dire, vanno bene anche queste, ma volevo quella…” esita lui, con espressione delusa. “Hai una maglia in pile preferita? Una che ti piace in modo particolare? Quella con la quale vai meglio a

Sono un disastro

Tanto imbranata da sembrare finta, distratta al punto da sorprendere persino me stessa. E dire che mi frequento da sempre. Un solo giorno, ben tre episodi: come sopravvivrò a me stessa? Contrariamente al vino, l’invecchiamento non mi sta migliorando. Anzi: qui mi sa che finirò in aceto. Caso uno: la tessera della piscina. Missing da giorni. L’ultimo ricordo che ne ho è l’utilizzo giovedì della scorsa settimana: dopo di ciò, il nulla. Scomparsa dalla borsina dove la tengo sempre, non è riapparsa da nessun altra parte. Ho rivoltato la casa e l’auto, nella sua inutile ricerca: intanto, in piscina mi facevano passare lo stesso, scuotendo la testa alle mie spalle. Della serie: facciamoci riconoscere. Dovunque, if possible. Quando ormai avevo deciso di chiederne la sostituzione, qualcosa ha attratto il mio sguardo: la tessera. Incastrata tra il sedile e la guarnizione di plastica che lo tiene in sede, ha lottato strenuamente per opporsi al recupero. Pareva Corradino quando c

Incontri, fortuiti e non

Non fortuiti, per cominciare. Dopo alcune ricerche, rintraccio la suora che fu maestra d’asilo di Andrea e Davide. Roba del Cretaceo, suppergiù: non ci vediamo da una vita. Sentirsi, dopo tanto tempo, dà una forte emozione a entrambe. Le racconto un po’ della mia famiglia, rassicurandola circa i suoi ex alunni: stanno benissimo e son venuti su bene. Almeno, così pare: mai essere troppo definitivi, con i figli. Appena ti sbilanci, capita qualcosa che ti fa cambiare versione. Rilanciata indietro di diciassette anni, la suora si commuove: e mi racconta una cosa che custodisce nel suo cuore, da allora. Andrea, persa la mamma da poco tempo, passava le giornate in braccio a lei, alla ricerca di un impossibile conforto. Un giorno, accarezzandole il viso, le disse: “Almeno fossi tu la mia mamma, adesso…” Una frase in grado di sbriciolarle il cuore e di rimanerle incisa dentro per sempre. “Ho pregato tanto, Valentina. Ho pregato perché arrivasse una mamma, prima. E perché tro

Orgoglio e pregiudizio

C’è un dubbio che mi tormenta. Che siamo fatti ognuno a modo suo non ci piove. E che a render interessante il mondo sia proprio questa mancanza di omologazione, anche. Di più: è sbagliato valutare il lavoro degli altri in corso d’opera. A volte, si possono ottenere ottimi risultati percorrendo strade completamente diverse. Non è detto che la via scelta da noi sia la migliore in assoluto: pertanto, aspetto di fare i conti a piè di lista. Sulla base di ciò, sono sempre stata per un aureo vivi e lascia vivere, ben guardandomi dal giudicare il prossimo mio.  Quello che mi chiedo, però, è questo: perché ci sono persone che si sentono importanti solo se sminuiscono tutti quelli intorno a loro? Che si sentono migliori di te, solo perché sono “altro da te”? Personaggi capaci di esibirsi in sorrisetti di scherno (di preferenza quando sei carica di problemi e non hai tempo né voglia di spiegare i tuoi perché), che sminuiscono solo chi li lancia. Per me rimane un mistero. Così com

La Casa degli Orrori

Un miagolio straziante si leva al cielo. E’ Corradino, approdato clandestinamente in terrazza: dove ora piange, intorcinato al graticcio di legno. “Povero Corrado! Che succede?!” si preoccupa all’istante l’informatico. Un lamento lunghissimo e supplice risponde alla sua invocazione. Scatta la modalità salvataggio urgente: il ragazzo si slancia alla volta del felino, convinto sia rimasto intrappolato da qualche laccio. Due secondi, e dalla terrazza si leva un altro urlo. Umano, stavolta, e di orrore. Il quadrupede, ben lungi dall’essere bloccato, con un balzo ha guadagnato il piancito, sfrecciando fra le gambe del suo aspirante salvatore. Il quale si trova al cospetto di una scena degna del più classico CSI: una striscia di sangue attraversa tutto il terrazzo, fino ad arrivare sotto al tavolo. Ivi spunta una coda: il felino (appoggiato al cuscino bianco del mio sedile ergonomico!!!) si sta accanendo sul corpo di una povera tortora, dopo averla spennata e sventrata con