Incontri, fortuiti e non
Non
fortuiti, per cominciare.
Dopo
alcune ricerche, rintraccio la suora che fu maestra d’asilo di Andrea e Davide.
Roba del Cretaceo, suppergiù: non ci vediamo da una vita.
Sentirsi,
dopo tanto tempo, dà una forte emozione a entrambe.
Le
racconto un po’ della mia famiglia, rassicurandola circa i suoi ex alunni: stanno
benissimo e son venuti su bene. Almeno, così pare: mai essere troppo definitivi,
con i figli. Appena ti sbilanci, capita qualcosa che ti fa cambiare versione.
Rilanciata
indietro di diciassette anni, la suora si commuove: e mi racconta una cosa che custodisce
nel suo cuore, da allora.
Andrea,
persa la mamma da poco tempo, passava le giornate in braccio a lei, alla
ricerca di un impossibile conforto. Un giorno, accarezzandole il viso, le disse:
“Almeno fossi tu la mia mamma, adesso…”
Una
frase in grado di sbriciolarle il cuore e di rimanerle incisa dentro per sempre.
“Ho
pregato tanto, Valentina. Ho pregato perché arrivasse una mamma, prima. E
perché trovassero in te una mamma vera, poi. Ho pregato per tutti questi anni,
sempre.”
Mi
è scappato un sorriso. Questa è l’unica cosa sulla quale mi sento di dare garanzie
assolute: mammapercaso, magari. Mamma sul serio, però. Molto, sul serio.
Ergo,
l’ho rassicurata: “Complimenti, A. Gran bel lavoro. Le tue preghiere hanno funzionato,
garantisco!”
L’ho
lasciata molto confortata, felice di avermi sentita e con la promessa di andarla
a trovare presto. Direi che se lo merita: come sponsor, è stata preziosa. Senza
contare che un affetto così immortale è più unico che raro.
E
le farò anche una sorpresa: mi porterò dietro il suo ex-aspirante figlio. Così
vede che bel tenebroso è diventato, il mio fantastico ragazzo.
Incontro
fortuito numero uno: la signorina antica. Uno scricciolo di donna, sempre in
ordine, seria, gli occhi resi enormi dagli occhiali, l’espressione un po’
triste e l’aspetto dimesso. L’archetipo stesso della tristezza. Per anni, è
venuta a comprarsi sempre la stessa cosa, nella mia farmacia: un tubetto di
dentifricio. Entrava, salutava e domandava il dentifricio. Per un decennio,
sempre lo stesso. E sbagliandone il nome, per dieci anni: ma noi sapevamo quel
che voleva.
Buffo:
le cose che ricordo di più sono proprio queste piccolezze. E sono quelle che mi
mancano di più, a dire il vero: la comprensione, a dispetto delle parole.
Un
giorno, ricordo, notai che aveva la piega appena fatta. Stava così bene da
spingermi a farle un complimento: l’unica volta in vita mia in cui le ho visto
sul viso l’ombra di un sorriso. E l’unico accenno di conversazione cui si sia
mai abbandonata, almeno in mia presenza.
Ebbene,
ieri la incrocio davanti alle Poste: balzando in sella al mio velocipede, la
saluto cordiale. Lei si volta, mi riconosce, sorride e mi chiede: “Lei è la
Valentina, vero?”
Accipicchia.
Non avrei mai creduto mi conoscesse per nome.
“Sì,
signora. Come sta?” rispondo, sorridendo a mia volta.
“Bene. E lei? Mi scusi, non l’ho riconosciuta
subito. Era vestita strana…”
Jeans,
maglia, scarpe sportive e giubbotto: per lei, la Valentina senza il camice è vestita strana. Che tenera, la mia signorina triste: mi si è stretto un po' il cuore. E non so nemmeno dire perché.
Incontro
fortuito due: la mia mamma. Mi vede attraverso la vetrina della libreria e ci
scambiamo un cenno di saluto. A motti, le chiedo di entrare. Mi raggiunge
esitando, per salutarmi con quello che Luca definisce “un mezzo sorriso”: l’altro
mezzo, infatti, è rimasto a casa. Mentre attende di rifarsi l’impianto, è stata
fornita di denti posticci; essendo mia madre (il frutto non casca lontano dall’albero),
se li scorda di frequente: con un effetto estetico distruttivo. Specie su
una bella signora come lei.
“Mi
sono detta: chi vuoi che incontriamo?” dichiara, con aria depressa. “Tutti.
Ho incontrato tutti! E io che avevo pensato: Ma sì, concediamoci questa trasgressione! Me ne sono pentita.
Amaramente.”
La
guardo, scuotendo la testa. Dando voce al mio pensiero, la genitrice conclude,
meditabonda: “Ma vedi tu come sono ridotta. Le mie trasgressioni sono queste:
uscire senza denti!”
Queste
donne trasgressive. C’è quella smandrappata, la smutandata e persino la
sdentata.
Brutti
tempi, gente. Gran brutti tempi!
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