Finalmente un fine settimana come dico io. O quasi.
Qui
non se ne poteva più. Tra brutto tempo imperante e impegni più o meno
incalzanti, non spostavamo il camper da mesi: con il cruscotto imbiancato dalla
polvere e le formiche a farla da padrone (come riescono quelle bestiacce a
trovare sempre la strada per penetrare in massa? Avevano fatto il nido nella
canalizzazione di un cavo elettrico!!!) ormai il nostro pachiderma aveva l’aria
della mamma di Dumbo nella gabbia del circo. E io sembravo Dumbo fuori dalla
gabbia.
Da
venerdì, il vento è cambiato. O meglio, lo ha fatto il tempo: la pioggia ci ha
dato una tregua.
Dopo
aver divorato una pizza da manuale a casa dell’informatico (la prima volta che
ci faceva da mangiare a casa sua: quando ho visto che mio figlio possiede
cinque tipi diversi di sale mi sono resa conto di aver creato un mostro…)
abbiamo caricato il bestione e ci siamo preparati al primo week end fuori porta
della stagione.
Una
meraviglia: ce ne siamo andati a Borghetto di Valeggio sul Mincio, dove abbiamo
scoperto un’area attrezzata definibile come una filiale del paradiso.
Tra
paesaggi straordinari, sole splendente, natura in piena esplosione primaverile ci
siamo proprio ritemprati. Due giorni così, e mi sembra di essere stata in
vacanza per una settimana…
Impressione confermata al mio rientro, purtroppo.
Possibile,
dico io, che quei tre lanzichenecchi in due giorni riescano ad ammassare bucato
per quattro lavatrici? E dove abitano quelle irediddio, che non sanno dove
vanno riposte la metà delle stoviglie di casa? Tutte ammassate sul caminetto,
le ho trovate. E il bello è che quelli sono convinti di avermi fatto trovare
tutto in ordine perfetto.
Il
pattume, poi, il pattume… Se non ci penso io, quelli finiscono travolti dalla
raccolta differenziata. Quando il bidone della plastica trabocca, tu che fai?
Lo svuoti e cambi sacchetto, verrebbe da dire.
E
invece no! Invece, si usa la tattica del comprimi e fuggi: lo sportello viene
chiuso a forza, a celare l’orrore che esplode dietro di esso. Così, quando il mattino
dopo mammina fa per gettare un coperchio viene aggredita da una massa informe
di materiale plastico che gioca a fare il big bang. I contenitori dell’umido
sono zeppi all’inverosimile, mentre la raccolta carta è ingombra di confezioni smaltite
senza ridurle di dimensioni. Persino uno scatolone integro, ci ho trovato
incastrato.
A
completare l’horror di Casa per Caso, gli abiti del filosofo. I calzoni, in
particolare: ne ha abbandonati ovunque. Appesi alla cyclette nella sua camera, penzolanti
dall’armadietto dove conservo la farina, in garage, e infine un paio impiccati
ai tubi del riscaldamento in lavanderia. Che per poco non mi prende un colpo,
quando mi sono trovata di fronte due gambe che pendevano dal soffitto.
Devo
insegnare a tutti quanti un uso responsabile della lavatrice, far loro una lezione
sul corretto smaltimento dei rifiuti (che non si riassume con un: “Ci pensa la
mamma!”) e proibire la migrazione clandestina dei capi di vestiario dalle
camere da letto ad altri locali della casa.
Da
oggi, tolleranza zero. Parola di Mpc.
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