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Visualizzazione dei post da 2019

Preparandosi al Natale

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Dalla foto non si capisce nulla, se non che quest'anno abbiamo deciso per la tradizione: dopo l'albero, pure il presepe.  Il quale presepe, a onor del vero, potrebbe essere opera di Confcommercio.  Si contano, infatti: un panettiere che inforna, supportato dal suo collaboratore alle prese con una vasca di polenta. Una venditrice di uova, frutta e verdura, un vignaiolo che offre pure qualcosa da mettere sotto i denti, una signora che propone latte e formaggi freschi di capra, tre lavandaie, uno sterratore, un pescatore - si spera che questo, almeno, lo faccia per diletto - un fabbro all'incudine e un altro che ferra un mulo. Svariati pastori errano sull'altopiano, attorniati dalle greggi, cercando invano di orientarsi. A valle, uno ci ha rinunciato e suona il piffero seduto accanto al fiume (abbastanza lontano dalle lavandaie da non indurre sospetti), mentre solo due o tre hanno raggiunto il target: la capanna. E sono lì a bocca aperta, in adorazione, assie

Venticinque anni dopo

Come ora, come questa sera, un quarto di secolo fa aveva inizio la travolgente avventura della nostra sconclusionata famiglia.  Un'avventura sul cui successo nessuno avrebbe scommesso, nemmeno noi. Non so chi fosse più spaventato: se io, improbabile mamma impreparata a tutto, Jurassico, papà spedito dai figli in un mondo grande e alieno, alla ricerca di una mamma da arruolare, oppure nonna Iside, riservista richiamata sul pezzo, segretamente convinta che dove c'è matrigna, ben presto ci sarà collegio. Abbiamo navigato a vista, per 9.125 giorni, affidandoci all'intuito più che alla conoscenza, all'intelligenza almeno quanto alla pazienza, al buon senso molto più che alle regole, o peggio ancora alle formule precotte.  Ho messo paletti dove ci volevano e li ho vagheggiati dove vietati (i vampiri emotivi, purtroppo, non si possono neutralizzare con il metodo classico); ho invocato San Crepet e ipotizzato esorcismi di gruppo; ho lavorato alacremente alla quadratura

Old memories

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A quindici anni di distanza, ancora camminano così. Ed è la cosa che mi rende più felice al mondo. 

Sospendiamo il giudizio

I Social, questa dannazione. Facebook come luogo dove si può trovare il peggio del peggio, le onde della Rete come un oceano, dove è facile perdersi -  ancora più facile essere irretiti da anime perdute - il profilo Instagram come identità sociale del nuovo millennio, in un mondo rovescio dove un servitore dello Stato rischia la vita per quattro palanche, mentre un'influencer che si cambia, o una youtber di successo che si trucca, sono capaci di portare a casa un capitale ogni mese.  Noi vecchi restiamo straniti, inutile negarlo.  E' un mondo strano, alieno, nel quale non ci sappiamo muovere. Esposti a tutte le insidie tipiche di questi mezzi, senza possedere gli anticorpi sui quali possono contare i millennials, come pure i loro fratelli di poco maggiori, ne siamo spaventati, e restiamo basiti nel vedere i giovani con l'occhio incollato allo schermo, 24/24. Ci sembrano una turba di automi, incapaci di comunicare se non tramite byte, estraniati dalla realtà, persi in u

Noi, ragazzi di ieri

Ne ho francamente le tasche piene di post nostalgici del bel tempo andato.  Sogni ad occhi aperti di un periodo felice nel quale l'educazione era fondata sulla paura e l'intimidazione, le botte erano la regola e non l'eccezione, le sostanze inquinanti ubiquitarie e serenamente disseminate ovunque.  Pupazzetti agli ftalati, culle con vernici a piombo, camerette all'aroma di formaldeide, sotto un tetto infiltrato di amianto.  L'epoca d'oro nella quale quando papà urlava, si ubbidiva, e quando menava, con le mani, i pugni o la cinghia, si taceva. Tutti, mamma inclusa.  Anni nei quali la famiglia era una prigione, dove i rapporti erano fondati sulla menzogna, la manipolazione e la legge del più forte. Una legge valida ovunque, dal tinello con i mobili di teak al cortile della scuola.  Per non parlare delle aule, dove le maestre più ti terrorizzavano, più erano brave, i professori erano campioni  di azzeramento della tua autostima, e i presidi tenevano il

È una festa commerciale, ma...

Auguri a noi, mamme che cercano di esserci, senza farsi notare troppo. A noi che cerchiamo di pesare, nella vita dei nostri figli, senza essere pesanti. A noi che siamo presenti, anche quando sembriamo assenti. A noi che non sappiamo spesso cosa fare, agiamo d'istinto, ma quando  sbagliamo, lo facciamo con il cuore. A noi che chiediamo per favore, diciamo grazie, e pure scusa: anche e soprattutto con i nostri figli. Che hanno imparato da noi a fare lo stesso. Auguri a noi, che siamo contente solo quando loro stanno bene. Auguri a noi, mamme imperfette di figli felici.

Grembiulino mon amour

Grembiule, ultima spiaggia. Dunque, io ricordo che i miei fanciulli (anni di nascita distribuiti tra l'87 e il 97) usavano il grembiule. Anzi, i maschi la casacca blu e le femmine il grembiule bianco. Durante la ricreazione, le suddette uniformi finivano appallottolate nello zaino, per cui i vestiti i ragazzini se li vedevano lo stesso. Cmq sia, sono le mamme che confrontano gli abiti dei propri figli: a sette anni, avere uno scamiciato Chanel baby o una microgonna sbrilluccicante dei cinesi fa lo stesso preciso. Anzi, forse lo sbrilluccico piace di più.  La differenza vera, all'epoca, la facevano le scarpe: e quelle, cari i miei soloni dell'uniforme che conforma, cela e tiene a bada le lotte di classe, quelle si vedono. Si vedono benissimo, anche se sei vestito con il burka. Io compravo roba a basso costo e qualità decente (allora era un'opzione possibile), ma c'era chi esagerava. E ne andava fiero, perché il figlio si sentiva un vincente, con le estrem

Ictus, stroke ed emorragia cerebrale: salviamoci la vita

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Carissimi, vengo a voi con questo post per  contribuire alla divulgazione di informazioni che possono aiutarci a portare a casa la pelle e a conservarci la salute.  Sapere di cosa stiamo parlando, capire come riconoscere un accidente che può costarci la vita o l'autonomia, riuscendo a limitarne i danni, è fondamentale. Ormai quasi tutti sappiamo cosa fare in caso di infarto, ma l'ictus, secondo me, non è ancora altrettanto conosciuto.  A seguire, l'articolo comparso sul numero invernale di Medicina Moderna, scritto dal nostro amato Jurassico ( a tale proposito, fatemelo ammettere: sono troppo orgogliosa di lui!). Suggerisco una lettura molto attenta. Merita!  Per chi eccepisse sulla pessima qualità della riproduzione (non dimentichiamo che Mpc rimane sempre un'utonta informatica), si può scaricare il pdf della rivista dal link sottostante. Link che rimanda alle qualifiche dell'autore. I tempi di fake news

Notifica dal tribunale

È una mattinata strana, molto lenta... Jurassico non è in forma, così siamo rimasti a letto tutta la mattina. Suona il campanello. Vado a rispondere, con i capelli un po' così e ancora in vestaglia. È la postina, con due buste verdoline. Sono indirizzate a Valentina e Andrea. "Signora, firmi qui. Cosa metto... madre?" "Sì . Madre. Con questa carta qui, lo sono anche sulla carta!" rispondo. La postina mi guarda, un po' interdetta. "Li ho adottati", spiego senza riuscire a trattenere un sorriso grande cosi. Lei spalanca gli occhi, dicendo: "Ma che bella cosa...". Sì. Proprio una bella cosa. E ora... via, la piscina mi aspetta! Il gaglioffo si arrangerà. Madre sì, ma abbandonica. Forever and ever!

L'altra suocera

Ok. Sono sempre stata una madre fuori dal coro, non potevo che essere una futura suocera improbabile. Intanto, se proprio dovessi scrivere ai futuri coniugi dei miei figli, non farei distinzioni tra nuore e genero. Tutti quanti dovranno vedersela con la mia ingombrante presenza, e non credo sarà una passeggiata, per nessuno di loro. La Mamma è sempre la mamma, specialmente nel nostro caso, dove non ce n’è una sola, e l’unico che ne aveva una soltanto si è sempre sentito uno sfigato. Anche perché come mamma ho sempre lasciato molto a desiderare: dopo averlo ripetutamente abbandonato all’asilo, a diciott’anni l’ho traumatizzato, dimenticandolo nel parcheggio. Azionando l’allarme e costringendolo ai venti minuti di immobilità più lunghi della sua vita. Durante la mia non breve carriera materna, sono stata variamente definita, da Crudelia Demon a madre abbandonica , passando da carrierista sfegatata a fancazzista disperata . Abituata alle critiche a prescindere – onestamente,

E siamo finiti anche noi in tribunale

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Una delle tante famiglie che approda al Palazzo di Giustizia, a ratificare a suon di carte bollate uno stato di cose vissuto da anni, noto a tutti anche senza mai esserselo detto in faccia, sempre uguale a sé stesso eppure sempre diverso, nella quotidianità del giorno per giorno.  Un modo di essere e di sentire diventato abitudine, e per questo dato quasi per scontato, senza attribuirgli l'enorme importanza che ha, nei fatti.  Tuttavia... Data la mia convinzione che, in certi casi, la forma sia sostanza, ho insistito perché la faccenda fosse ratificata per legge.  E così, siamo finiti tutti davanti a un Giudice; dopo un'attesa durata due anni - tanto ci è voluto per catturare il nostro cervello in fuga - l'intera famiglia Per Caso è comparsa in tribunale, perché la qui presente Mamma per Caso ha inoltrato formale richiesta di diventare Mamma per Davvero.  Il giudice ha domandato il consenso di Jurassico e del Gaglioffo, i quali hanno detto un SÌ così deciso che mi