Grembiulino mon amour



Grembiule, ultima spiaggia.
Dunque, io ricordo che i miei fanciulli (anni di nascita distribuiti tra l'87 e il 97) usavano il grembiule.
Anzi, i maschi la casacca blu e le femmine il grembiule bianco.
Durante la ricreazione, le suddette uniformi finivano appallottolate nello zaino, per cui i vestiti i ragazzini se li vedevano lo stesso.
Cmq sia, sono le mamme che confrontano gli abiti dei propri figli: a sette anni, avere uno scamiciato Chanel baby o una microgonna sbrilluccicante dei cinesi fa lo stesso preciso. Anzi, forse lo sbrilluccico piace di più. 
La differenza vera, all'epoca, la facevano le scarpe: e quelle, cari i miei soloni dell'uniforme che conforma, cela e tiene a bada le lotte di classe, quelle si vedono. Si vedono benissimo, anche se sei vestito con il burka.
Io compravo roba a basso costo e qualità decente (allora era un'opzione possibile), ma c'era chi esagerava. E ne andava fiero, perché il figlio si sentiva un vincente, con le estremità fasciate come pubblicità docevat.
Ricordo le mie battaglie contro certe sneakers assurde, in plasticaccia orrida, con puzzo di piede marcio già incorporato all'origine, che costavano quanto un paio di polacchine Fratelli Rossetti. 
E perché? Perché, oltre alle luci di coda, sulla linguetta anteriore ci avevano messo una tigre con una luce intermittente a illuminare lo sguardo assassino, intercambiabile con analoga mascherina da orso grizzly infuriato, e non so quale altro bestione dagli occhi di bragia. 
Un must, per mio figlio Andrea. Un must non comprarle, per me. 
Che guerra ragazzi... 
Anzi, una battaglia. Persa in partenza, perché il solito nonno, in eterna competizione con me per l'amore della suuuuuuua famiglia, le scarpacce gliele ha regalate lui. 
Il nostro arriva a scuola trionfante, getta la casacca regolamentare sulla siepe, e si butta nella mischia della partita. Tira un calcio verso la porta, ma la mascherina animalier gli devia il tiro. Goal mancato.
L'Andrea furioso a questo punto si leva le scarpe, strappa il prezioso frontalino, ricomincia a giocare e segna. 
Da quel giorno, mio figlio è andato in giro con le scarpe strappate, fino a quando non gli sono più entrate per raggiunti limiti di misura. Perché io di scarpe nuove non gliene ho comprate più, e nemmeno il nonno, offeso per la fine ingloriosa del suo fantastico regalo.
In conclusione, la guerra contro l'acquisto coatto da pubblicità ingannevole l'ho vinta io, mio figlio ha imparato una bella lezione, e io ho capito come ai figli le categorie giuste gliele insegni con l'esperienza, l'esempio e un'inossidabile coerenza. 
Non con le chiacchiere e le soluzioni a un tanto al chilo. 
Meditate, o voi che credete di cambiare il mondo tornando al grembiulino, meditate...

Commenti

Post popolari in questo blog

Una vita che non posto: 8 marzo

Una famiglia tradizionale (???)

La Karly mi fa piangere!