Voglio la mia mamma!

Lo sappiamo tutti. L'amore sconfinato dei figli, quell'occhio perso con il quale ti fissano a due-tre anni, quella gioia incontenibile con la quale ti abbracciano quando ti rivedono dopo un'assenza di qualche giorno, è destinato a finire. 
Se sei fortunato - e hai lavorato bene per lustri - quell'amore incondizionato lascia il posto a un rapporto più maturo, fatto di affetto sereno, di colloquio e di confronto aperto. 
Al netto delle discussioni infuocate, delle prese di posizione esagerate, delle battaglie per la libertà e dei musi per le tue regole naziste, naturalmente. 
Ci siamo passati tutti, ci passeranno pure loro. L'importante è che comprendano come gl'inevitabili errori nei quali saremo di certo incorsi siano stati causati dalla nostra fallibilità umana, e non da egoismo, egocentrismo ed egoismo.
Chi di noi ama e ha sempre amato i propri figli incondizionatamente non ha nulla di cui preoccuparsi: i ragazzi non sono incomprensivi. Se non li avremo giudicati, e non li avremo abituati a giudicare il prossimo, sapranno comprendere anche le nostre defaillances. 
Perché, diciamocelo, anche noi genitori abbiamo bisogno della loro comprensione. Non vale solo l'opposto. 
Ognuno di noi da giovane ha una serie di piccole, innocue fissazioni; con l'andare degli anni queste virano pericolosamente verso la mania, per diventare in vecchiaia dei rituali irrinunciabili, fondamentali per l'anziano per mantenere il suo equilibrio, ma in grado di far impazzire chiunque gli si accosti. O ti adatti, rischiando di sclerotizzarti a tua volta, o è finita la pace. 
Ecco perché sono ultraconvinta che i figli abbiano una data di scadenza. Dopo i venticinque, ventisei anni al massimo, la convivenza forzata con i genitori è foriera di tempesta. Incomprensioni reciproche, necessità irrinunciabili almeno quanto incompatibili, diritti opposti di pari dignità. Tutti hanno ragione, e per questo si finisce con il litigare a giorni alterni. 
Poi, ogni famiglia interpreta questo difficile passaggio a modo suo: c'è chi riesce a mantenere un minimo sindacale di serena convivenza nonostante tutto, grazie all'impegno comune di tutti gli attori della tragicommedia, e chi invece finisce ai ferri corti al punto da desiderare la fuga. 
I figli, giunti a scadenza, devono fare le valigie e uscire di casa. Sin da ragazza nutro questo convincimento, e l'ho messo in pratica di persona da giovane, l'ho declinato come madre prendendo per mano l'informatico e accompagnandolo affettuosamente alla porta, e sto facendo lo stesso ora con il filosofo. Sperando che non ci pensi la grexit a chiudergli tutte le porte in faccia.
Volere è potere, si dice. Non è sempre così, specie in questi tempi di crisi, ma almeno uno sforzo in tal senso ce lo dobbiamo. Sia come figli, sia come genitori. 
Restano da sistemare i due "piccoli", per i quali la strada è ancora lunga. E accidentata, a quanto pare. 
Ecco il messaggio che mi sono ritrovata su wozzap ieri mattina... 

E' seguita una lunga telefonata di conforto, sostegno e aggiornamento, ad alto contenuto di progettualità. Una volta scoperto che mia figlia si sta praticamente nutrendo di bacche e radici, perché non ha il tempo né la voglia di andare a farsi la spesa, ho già pianificato un regime alimentare ricostituente e antidepressivo. Sulla natura del quale la nostra mi ha inviato qualche suggerimento: 

In sintesi: non vediamo l'ora che ritorni, sia io, sia l'interessata. E quando sarà qui, ci penso io a sistemarla! 
Quanto all'autonomizzazione, può attendere. In fondo, la Miss ha solo vent'anni. Me la posso godere un altro po'. 


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