Energie positive contro energie negative
Lo
confesso: sopporto da decenni. Anzi,
malsopporto da decenni.
Malsopporto
quelli che partono da un presupposto sbagliato e ti vogliono imporre il loro
modo di vedere le cose.
Malsopporto
quelli intrisi di preconcetti, utili solo a crearsi un pregiudizio sulla base
del quale giudicare – male – qualsiasi
cosa tu faccia.
Malsopporto
chi, avendo poche idee e molte ossessioni supportate da assurde convinzioni, non
affronta mai una discussione diretta. Avendo piena consapevolezza della propria
incapacità di uscirne vivo, da un confronto leale, lo sfugge come la morte. Preferisce
di gran lunga la manipolazione, l’autocommiserazione e l’invettiva.
Mal
sopporto dunque i ricatti morali: se mi vuoi bene, fai così. E il così –
guarda il caso – non è quasi mai quel che è giusto fare, e men che meno è
quello che avresti fatto tu, se lasciato libero di scegliere.
Non
tollero coloro che fanno leva sui sentimenti degli altri: ne sfruttano l’amore
(gettonatissimo, quello) per ottenere ciò che vogliono, cercano di sfruttarne i
sensi di colpa (ove assenti, o troppo scarsi, cercano di provocarli) per condurli
nella direzione scelta da loro.
Poi
ci sono i peggiori: quelli capaci di individuare negli altri i sentimenti più
inconfessati (soprattutto a se stessi), per far leva su di essi a proprio favore.
Insoddisfazione,
invidia, livore, rabbia e rancore: materiale magnifico dove mestare per
raggiungere scopi poco puliti. A spese di chi li prova, molto spesso.
Ho
assistito a squallide manovre a tutti i livelli, vicini e lontani da me: in
politica, sul lavoro, nell’amicizia e in famiglia.
In
politica reagisco votando, sul lavoro per fortuna sono fuori dai giochi…
rimangono le amicizia e la famiglia.
Ho
imparato – ci ho messo anni, ma ci sono arrivata… – quanto sia inutile
discutere con un certo tipo di persona.
Per
molti, la discussione è un momento nel quale urlarti addosso tutta la loro
rabbia, sputandoti addosso cattiverie e giudizi azzardati, nei casi peggiori tenuti
in serbo per anni.
Quando
mi scontro con una realtà simile, manco ci provo a far cambiare idea allo
sciamannato della situazione: è acceso di divino furore. Completamente
refrattario al ragionamento. Se ne frega di quel che pensi tu – ergo non ti
ascolta – gli interessa solo gridarti quello che pensa lui, possibilmente
facendoti del male.
Ovvio,
se un attacco simile arriva da una persona di fiducia, un amico, qualcuno cui
si voleva bene, ci si resta male. Non è piacevole scoprire la malapianta del livore.
Mi
ripiglio in fretta, tuttavia: mi sono abituata a questo genere di cose. So come
funzionano.
Così,
metto in moto la realtà: mentre gli altri parlano, gridano, si lamentano e
accusano, io agisco.
Cambio
le cose, escogito soluzioni, sperimento strade nuove: trascinando con me coloro
che amo.
Alla
lunga, i fatti non mentono, dando ragione a chi ce l’ha. La mia vicenda di
mamma ne è la prova.
Ora,
devo agire con mio fratello: per anni mi sono defilata. Stritolata tra figli e
lavoro (tanti figli e troppo, troppissimo lavoro) non potevo caricarmi anche di
lui.
Già
c’era chi lo faceva con discreti risultati: si era creato un equilibrio tra
tutti i personaggi coinvolti.
Ora
sono passati gli anni, mio fratello ha fatto grandi passi avanti e desidera
crescere ancora. E qui entro in gioco
io.
Sono
diversi mesi che abbiamo iniziato una collaborazione. Lui mi dà una mano a
casa, io gli insegno ogni giorno una piccola cosa che non ha mai avuto il
coraggio di provare.
Nessuno
nasce imparato, si dice: e c’è chi, come lui, ci mette tanto di più degli altri
a imparare. E’ tremendamente facile inciampare nella convinzione che non sia in
grado di farcela. Ci vuole una gran dose di energia per provarci, di fiducia
per crederci, di entusiasmo per motivarlo. Per sua e mia fortuna, sono allenata
a questo gioco.
Gli
sto dando fiducia, ma soprattutto gli sto insegnando ad avere più fiducia in se
stesso: spesso siamo prigionieri di limiti creati da noi stessi. Lo sto
spingendo a infrangerli.
Il
mio Max risponde dando piena fiducia a me, affidandosi e provando: ogni
settimana registriamo un piccolo passo avanti.
Sono
briciole, piccoli gradini a fronte di una montagna in apparenza tanto alta da
non vedere la cima: non importa. Intanto noi procediamo.
Questa
settimana si è preso qualche giorno libero: ci rivedremo la prossima. Ci siamo
fatti un caffè e quattro chiacchiere: era felice e sereno come non lo vedevo da
anni.
Salutandomi,
mi ha detto: “Grazie, sorellona. Grazie per tutto quello che fai per me. Grazie per come mi fai sentire. Ti adoro!”
Sarà dura, certo. E' un compito energivoro e impegnativo anche questo, però, però…
Che soddisfazione!
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