Emoticon e serate emozionanti
Che tragedia. Jurassico ha scoperto gli emoticon.
Rimpiango i tempi nei quali, quando riceveva una cosa come questa: ;-) rispondeva: “Cosa sono tutti quei segni d’interpunzione?”
Già, perché ora Android gli fornisce una serie infinita di faccine, delle
quali abusa, inondandomi la chat di diavoletti arrabbiati, cuoricini volanti e
faccette linguacciute.
Sta regredendo a una fase adolescenziale, con quel telefono.
Comunque sia, almeno lo fa solo con me: la sua dignità con gli estranei è
salva.
Ciò, almeno, fino a qualche giorno fa, il giorno del famoso messaggio sulla
mozzarella. Un messaggio che l’uomo mi ha mostrato, dopo avermelo solo
raccontato: così, ho scoperto che la trappola non si celava nel testo (già
sufficientemente compromettente, a mio avviso). Il guaio stava nell’emoticon.
Il povero Davide ha ricevuto il messaggio che già conoscete, corredato però
di faccina sognante e amorosa, che sputa bacini a forma di cuore in lunga e tragica fila…
E’ il dettaglio che fa la differenza.
Ora la risposta Ossignore… Non mi
avevi mai chiamato così! assume un
tono costernato.
E ci credo!
Tradito dalla tecnologia. Proprio lui, l’homo tecnologicus per eccellenza!
I nostri figli stanno ancora ridendo.
Quanto alle emozioni, domenica abbiamo avuto una di quelle giornate da
facchini: sfruttando le poche ore di sole concesse dal clima, abbiamo lavorato
come muli per preparare il camper alle vacanze. A fine giornata, eravamo
ridotti a due stracci.
Il marito mi apostrofa: “Preparati, fatti bella che ti porto a salutare
Angelo ad Asolo. Poi, ti porto a cena da qualche parte: ce la siamo davvero
meritata!”
Vado, ma riflessa nello specchio del bagno vedo una megera inguardabile: fatti bella. Si fa presto a parlare…
I lavori di ripristino e restauro durano circa un’ora, il che provoca un
acido commento dell’amato bene: “Vale, la mamma ci mette più di te a prepararsi...”
“Senti, amico: io per il trucco impiego un minuto!”
“Si vede, mamma, tranquilla” interloquisce lei.
Occhiataccia.
“Spiritosoni, vedete che son partita da Ground Zero. Più di così e in meno
tempo non ce l’avrei fatta!”
“Uhm. Il risultato non è niente male, però. Coraggio, splendida, andiamo!”
Issata sul tacco a spillo, con ogni
muscolo del corpo che grida pietà, m’infilo senza un gemito nel coupè. Sono una
donna di carattere, io.
Nel frattempo, il tempo peggiora deciso, virando a pioggia torrenziale; ad
Asolo, troviamo chiari segni di tempesta; di Angelo, nessuna traccia. Dopo un’inutile
tentativo di contatto telefonico, ci arrendiamo, puntando la prua verso il
luogo prescelto per la cena.
Un’auto ci stringe, suonando il clacson a distesa: Angelo. Non ci sentiva,
ma evidentemente ci vedeva: e ci ha raggiunto.
I due uomini si parlano attraverso i finestrini: “Ehi! Che fai?”
“Torno a casa. Qui abbiamo finito…”
“Davvero?! Allora puoi venire a vedere il Gran Premio da me?”
“Sì… Volendo sì.”
“Hai mangiato?”
“Sì, sì… Solo, la moglie mi potrà raggiungere solo tra un paio d’ore.”
“Ok, va bene lo stesso. Ci vediamo alle otto da me!”
“Ma… Voi non dovete cenare?”
“No, no, tranquillo! Ti aspettiamo!”
Inversione di marcia, e si torna verso casa. Per una cosa simile, conosco
donne che farebbero saltare in aria l’auto del marito.
Noi, invece…
“Tu non hai fame, vero?”
“No, non ho fame. E poi avevi invitato Angelo già ieri: sono contenta che
si sia liberato prima!”
“Infatti. Sicura che non ti spiace di non uscire?”
“Sicura. Ci tengo più agli amici che alle uscite!”
In meno di mezz’ora, il panorama è il seguente: io indosso una felpa
oversize, rubata al gaglioffo, abbinata a un paio di jeans vetusti; di tacchi e
calze velate non c’è più traccia alcuna, mentre mio marito e il nostro amico
stazionano davanti a 42 pollici di motori scatenati.
Dopo una frittata e due crostini, consumati in cucina, mi aggiungo anch’io; verso le dieci, arriva Antonella, accompagnata da
due chili di gelato. Che donna, ragazzi!
E che Gran Premio, detto per inciso… Fa un certo effetto, vederlo direttamente
dalla macchina di Alonso.
Insomma: una serata diversamente emozionante.
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