Fine settimana sotto zero
Lo so che se mi legge si offende.
Ma lo devo dire: avere tra i piedi Jurassico mentre faccio la spesa è un
impiccio. Molto utile come sherpa a
spesa conclusa, specie quando siamo via con il camper per il we, ma un peso tra
gli scaffali del super.
La spesa è un’incombenza odiosa, che desidero sbrigare nel minor tempo
possibile: così, quando sono sola sgabbio veloce tra la gente, scelgo al volo
quel che mi serve e me la sbrigo in un lampo.
Quando viene con me il marito è come procedere col freno a mano tirato.
Primo problema: il carrello lo vuol guidare lui. Per cavalleria, e poi
perché alla vista di quattro ruote gli viene l’insopprimibile esigenza di
prendere lui i comandi. Solo che non di auto o camper si tratta: ergo l’inesperienza
nella guida del mezzo si vede tutta.
Inoltre, non è abituato al traffico del sabato pomeriggio, quando intere famiglie
affollano le corsie, in un delirio di bambini scatenati, moglie innervosite e
mariti impacciati. Così, mi s’incolla al lato B, tallonandomi come un segugio in
tutti i pertugi nei quali mi infilo alla ricerca di pane, formaggio, yogurt e
latte. In queste circostanze avercelo così appiccicato mi mette l’ansia.
Così, dopo dieci minuti lo costringo ad accostare a destra, imponendogli di
aspettarmi lì, mentre finisco di raccattare quel che mi serve. Il poveretto mi attende
con la faccia pietrificata tipica delle situazioni che detesta: il che mi
spinge a superare me stessa, quanto a rapidità d’azione. Per fortuna, la spesa
per due è una cosa rapida e indolore: in pochi minuti lo sollevo dall’incarico
e mi affretto a pagare, per darmela a gambe con lui il più presto possibile.
Sabato pomeriggio, in montagna, la scena si è ripetuta come sempre, forse
con un po’ più caos di sempre, mentre fuori la temperatura precipitava vicino ai
-20°. Raggiungere il camper è stato un autentico sollievo per entrambi.
Ieri avevamo freddo secco e un sole radioso: una giornata perfetta per lo
sci.
Ecco dunque Mpc e Jurassico impegnati nella consueta vestizione rituale: solo
che stavolta c’è una novità. I collant in microfibra. Visti addosso a me, e
subito piaciuti: leggeri, ma formidabili per proteggerti dal freddo sotto la
bardatura da sci. Come da ordini ricevuti, ne ho procurato un paio anche per
lui.
Solo che l’uomo (appunto perché tale) non ha alcuna dimestichezza con la
tecnica per indossarli senza farli a brani. Così, li affronta né più né meno
che se fossero un paio di calzini da tennis, rischiando di dilaniarli al primo
impatto.
“Fermo!” ululo, bloccandolo con la calza a mezz’aria “Fai fare a me, che tu
li distruggi.”
Mi guarda sconvolto, ma non osa controbattere: osservandomi come un’aliena,
mi guarda armeggiare con ‘ste due biscie grigie, che passo ad attillargli sul
polpaccio peloso. Una cosa di un sexy mai visto.
“Alza ‘sta gamba… No, non così, è troppo! Abbassala adesso. Giù, appoggiala
per terra. La vuoi levare di lì che non riesco a infilarti ‘sti arnesi,
mannaggia? Certo che non collabori per niente…”
Dopo cinque minuti di lotta strenua, riesco a far arrivare le calze fino a
sopra il ginocchio.
“Da qui in poi puoi fare da solo. Ce la fai?”
Annuisce, silente, fissando la parte bassa del suo corpo con uno sguardo
nauseato.
In effetti, tra la gamba nerboruta inguainata nella microfibra e la maglia
termica con tartaruga in sovrimpressione (tipo tuta di Batman), sotto la quale
fa bella mostra di sé la rotondità della panza, è onestamente inguardabile.
Quanto a me, non sono certo migliore di lui: tra collant antigelo, body a
manica lunga, mutandoni corazzati ad effetto massaggiante (l’unico
anticellulite di sicura efficacia) e sottopantaloni in lana, sembro l’omino
Michelin. Ho la silhouette di un cotechino e la faccia di una bavarese dedita a
un eccessivo consumo di birra. Nel complesso, potremmo concorrere per il premio
la coppia più bella del mondo.
Gettandoci alla spalle ogni considerazione estetica, abbandoniamo il camper
per lanciarci sulle piste da sci, affrontando discese piuttosto impegnative,
con sovrano sprezzo del pericolo. Ore e ore dopo, stanchi ma felici,
rientriamo in campeggio.
A due passi dall’uscita dello skybus, intrigata da sci e bastoncini e resa
instabile dal fondo sdrucciolevole, la sottoscritta stramazza a terra, vittima
di una frenata brusca. Vittima di nome e di fatto: crollo a terra
rovinosamente, sfasciandomi il fianco destro contro i montanti d’acciaio del
sedile accanto al mio. Un colpo da manuale: come rischiare di ammazzarsi in
autobus, dopo aver sfidato i dirupi più impervi.
Che vergogna, gente…
In effetti, le contusioni sono svariate e alquanto dolorose; ma la ferita peggiore
resta di sicuro quella nell’orgoglio.
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