Concerto e sconcerto

Quando si dice l’organizzazione. Per una volta nella vita, ieri mi sono imposta una rigida scaletta: entro il mezzogiorno, ero riuscita a condurre a termine tutti gli impegni della giornata, inclusa la confezione – e cottura: che con Minosse in piena furia non è dettaglio trascurabile –   di due torte marmorizzate.
La serata di ieri prevedeva la presenza, di Jurassico e mia, a una serata organizzata a scopo benefico, presso casa di amici, dove un complesso amatoriale avrebbe tenuto un concerto.
Protagonisti della serata, i Dotorhouse: un nome, una garanzia.
A parte l’indiscutibile perizia nell’esecuzione dei brani (sono bravi davvero), e la felicissima scelta del repertorio, gente che si sceglie un nome del genere non può che essere simpatica all’inverosimile. Difatti, la serata è stata un pieno successo: un successo che si replica un anno dopo l’altro, tra parentesi.
Come da tradizione, ognuno dei convenuti si presenta con un piccolo contributo edibile: come si diceva, la sottoscritta aveva già scelto – e realizzato – il proprio.
Poiché, però, rimango sempre una mamma sollecita, alla torta destinata all’happening ho aggiunto un secondo esemplare, da lasciare a casa, a disposizione della prole. Unica differenza tra le due, le dimensioni: quella più grande dovevo portarmela via. 
Con la serentià propria di chi ha compiuto fino in fondo il suo dovere, sono andata a schiacciare un pisolino con l'amato bene: con 'sto caldo, la notte si dorme poco. 
Al risveglio, mi sono avviata in cucina, per impacchettare il risultato delle mie fatiche mattutine: e qui mi attendeva l'ennesima amara sorpresa della mia vita. La prole, nella persona del gaglioffo, aveva attaccato in modo proditorio, violento e irreparabile la torta sbagliata.
Non vi dico la mia faccia, quando mi sono trovata di fronte allo scempio: per impadronirsene, il malnato aveva infierito anche sulla tortiera, estraendo (credo con una scure) una fetta direttamente dalla pentola, senza riguardo alcuno per il rivestimento di teflon.
Mi è andato il sangue alla testa: ci sono attimi nei quali le motivazioni delle madri assassine non mi sembrano poi così incomprensibili. La tentazione di strangolarlo con le mie mani è stata fortissima: in più, il nostro ha aggravato la sua posizione, pretendendo anche di essere innocente.
“Non c’eravate, a me parevano uguali, mi sono solo preso una fetta di torta… Perché non porti via l’altra, che tanto è uguale?”
E’ vivo per miracolo. Anzi, è vivo perché è veloce a sottrarsi ai colpi. Tuttavia, la maledizioni che gli ho scagliato contro sono tante e così fantasiose che non so se arriverà tutto intero alla fine dell’anno, il ragazzo.
Comunque sia, il danno ormai era fatto: non restava che porvi rimedio. Eccomi dunque, alle tre del pomeriggio, a sudare sette camicie per preparare una seconda torta, in modo da non presentarmi all’appuntamento canoro potando con me un dolcetto miserrimo.
Jurassico è rimasto francamente ammirato da come io sia riuscita a far tutto lo stesso, smaltimento dei rifiuti in discarica incluso: già, perché esiste anche questo problema. In un periodo nel quale non facciamo che produrre rifiuti speciali – ieri era la volta del telone di una delle tende da esterni, assieme a pezzi misti di impianto idraulico – l’unico giorno in cui ho a disposizione l’auto giusta per questo tipo di trasporti è il sabato. E quell’infingardo di mio figlio mi viene a scompigliare tutti i piani, costringendomi a correre come una gazzella, con un clima che ammazzerebbe di caldo anche quella.
E poi ti parlano delle gioie della maternità…  
Autolesioniste. Noi riprodotte siamo delle autolesioniste, me ne convinco ogni giorno di più.

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