Ne ho abbastanza e... la fine della storia

Ben trovati a tutti. Mi sento una sopravvissuta in battaglia: qui la vostra Mpc sta vivendo in trincea. Non ne posso veramente più della gente che interferisce pesantemente, creando infiniti problemi alla mia famiglia.
Avete presente quando tu organizzi tutto a puntino, in modo che anche un meccanismo complesso come una famiglia di sette persone (già, siamo in sette, ormai) possa funzionare a dovere? Che c’è sempre qualcuno che saprebbe far meglio di te e s’innesta come una cisti nella tua esistenza, prospettando (con la lungimiranza di un pesce rosso) soluzioni raffazzonate, a brevissimo termine, e con la premessa irrinunciabile che non si verifichi mai un imprevisto?  Ecco, in questo momento ho a che fare con personaggi simili: neutralizzarli mi sta costando il sangue.
Quando poi mi sento dire: “Eh… Perché tu usi il raziocinio, io il cuore…” il sangue mi va alla testa. La bontà è fare il bene della persona della quale ti stai prendendo cura, non quello che fa più piacere (e comodo) a te, in questo momento storico. Barattare la sicurezza degli altri per scansarsi un paio di seccature oggi: bella bontà, davvero!
E poi, mannaggia, dire a me che sono una che non usa il cuore nelle sue scelte è davvero troppo! Stavolta mia sono fatta sentire sul serio.
E qui chiudo la parentesi noir.

Parliamo ancora di Milano e di un gruppo di turisti per caso, va’, che è meglio.
Dopo lo spettacolo teatrale, si trattava di raggiungere l’albergo: con la metro, una bazzecola. Specie se ad accompagnarti c’è una milanese DOC, adusa all’uso dei mezzi. O così credevo: piazza Piola ha fregato pure lei. Dopo aver girato in tondo come trottole, alla disperata ricerca dell’accesso alla metro, stavamo perdendo ogni speranza. Indimenticabile Jurassico che alza lo sguardo dal navigatore e tuona: “LI’!!!”, indicando il centro dei giardini. Dove facevano bella mostra di sé quattro panchine e un paio di cestini, e basta. D’improvviso, Davide emette un urlo: “Eccola!”
La M rossa occhieggiava, seminascosta in una via collaterale alla piazza: l’avevano nascosta per farci dispetto, è deciso.
Affamati come lucci, abbiamo chiesto lumi su dove mangiare un panino come si deve: ben consigliati dalla Lupis, siamo giunti nel locale a ridosso dell’orario di chiusura. Forse impietositi dalla nostra aria sperduta, ci hanno rifocillati di buon grado: nonostante ormai il pane fosse razionato e le apparecchiature in disarmo. Le nostre bocche, al contrario, non si fermano mai: abbiamo mangiato come carrettieri.
Non paghi, al risveglio ci siamo concessi una colazione pantagruelica: tutti, tranne Renata. Costretta dal marito (insensibile creatura) ad alzarsi mezz’ora prima di noi, è arrivata in sala da pranzo assonnata come un bebè. Risultato: si è versata addosso il cappuccino.
Ho deciso che me la porto sempre dietro, quest’amica: ha il potere di farmi sentire normale.
Ben decisi a colmare una gravissima lacuna di Davide (non aveva mai visto il Duomo in vita sua), ci siamo avventurati in pieno centro. E qui ci siamo nuovamente distinti: siamo arrivati a funzione in corso. Anzi, a funzione sul finire: la coda per entrare era infima. Renata e io, rapide come due gatte, ci siamo infilate in mezzo a un gruppo di alpini. I quali, guarda il caso, non ci hanno scacciate. Al nostro seguito, Gianni e Pinotto (i nostri mariti). Una volta guadagnato l’interno della chiesa, abbiamo atteso, appiattite sul fondo, che la folla defluisse: rimando sole, con massimo un’altra decine di persone, ad ammirare la cattedrale, vuota e silenziosa. Vorrei fare un sondaggio, per sapere a quanti milanesi sia mai capitata una simile fortuna. I commessi, intanto, piazzavano transenne e si preparavano a contenere l’ondata di turisti che sarebbe iniziata di lì a poco: Renata e io ci rendiamo conto che le nostre metà sono scomparse. Li cerchiamo in giro, ma dei due non v’è traccia alcuna.
Mentre cerchiamo di capire dove si siano ficcati, una diabolica vecchietta si appropinqua all’entrata del Battistero, chiedendo con un urlo, che si leva a raggiungere le volte dell’altissima navata: “Questi sono i gabinetti?!”
A volte basta un tocco, per rendere un’atmosfera perfetta.
Un po’ basite, prendiamo in mano i telefoni: per scoprire che i nostri eroi, non vedendoci più, hanno deciso di aspettare che ci facessimo vive. ANDANDO FUORI DALLA CHIESA!!!
Sconsolate e depresse, li abbiamo raggiunti: nel frattempo, la coda per l’accesso al Duomo aveva raggiunto dimensioni ciclopiche.
Ometto i commenti cui mi sono abbandonata: non sono degni di una signora.
In mancanza di meglio, abbiamo optato per il percorso classico: la Galleria (dove ci siamo persi e ritrovati sei o sette volte: noi guardavamo le vetrine, i mariti giocavano con le macchinette fotografiche), piazza della Scala (dove per un istante abbiamo scambiato Palazzo Marino per il Teatro), il quadrilatero della moda (dove mio marito si è rifiutato di prestarmi la sua carta di credito. Ma i diamanti non erano un buon investimento? Jurassico si ostina a dire che mi sbaglio...) 
Infine, siamo di nuovo piombati a casa dei magnifici due: Terry e Gianni. Con loro abbiamo passato qualche ora divertente e rilassante, al solito alla facciaccia della dieta.
Gianni, molto molto generosamente, si è incaricato di accompagnarci fino al posteggio: non senza averci regalato una cassa di bottiglie del vino di famiglia. Dio lo benedica.
Eccoci quindi di ritorno a casa: il ricordo di questo piacevolissimo fine settimana ci accompagnerà per sempre. Parola… di Renata.
La nostra amica è un tesoro. Come sempre.





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