La via del primino: abissi, svolte e illuminazioni divine

Il primino, armato di ombrellino pieghevole per sfidare le intemeperie, stamattina  mi ha salutata proclamando:"Addio, mamma! Parto per una nuova avventura..." 
E così, inizia la seconda settimana di scuola: facciamo un bilancio delle prima. 

Il secondo giorno di frequenza, il neo-liceale piomba in cucina con aria trafelata: “Mamma, ho la stessa prof di mate dei miei fratelli!”
“Bene. Ricordo che era severa, ma molto brava” dichiaro.
“Mhm. Anche lei si ricorda di loro… Mi ha chiesto come stanno!” ribatte lui.
“Ti dovrai impegnare, sai. Se non sbaglio, anche Davide è riuscito a prendere cinque, con lei…” lo informo, neutra.
L’uomo cambia tinta e sbotta, sconvolto: “VADO A STUDIARE MATEMATICA!!!”
Scomparso all’istante: nonostante non siano nemmeno le due, pianta la testa sui libri e non si muove più di lì.
Dopo un’ora, me lo vedo ricomparire davanti: “Ho verificato la differenza fra i libri di testo delle medie e questi. Stiamo ripassando le potenze: alle medie, l’argomento era polverizzato in una riga e mezza. Qui, sono quasi tre pagine! C’è un abisso empireo…” esala, con tono depresso; quindi, osserva: "Credevo di dover studiare sette camicie, al liceo. Dopo oggi, ho capito: ne dovrò sudare sette all'ennesima potenza!"
In un modo o nell'altro, almeno l'argomento potenze pare introiettato.
Un bel po’ dopo, rieccolo: “Ho fatto un’altra verifica. Stare attento a scuola e poi studiare a casa mi riduce…”
“…il lavoro a casa?”
“…stanco. Mi riduce stremato!”
Lo raggiungo in salotto, dove giace, stramazzato sul divano, a occhi chiusi, divelto dallo sforzo.
Sarà un cammino lungo e faticoso, decido, di fronte a tale scena cruenta.

Col passare dei giorni, fa conoscenza con i vari professori: a sentir lui, tutti dichiarano di nutrire una grande passione per la propria materia, e di insegnarla con entusiasmo.
“Ed è vero! Mamma, è vero: riescono a trasmetterla anche a noi, la loro passione…”
“Accipicchia. Quasi non ci credo. Allora, pensi sia la scuola giusta per te?” tento, speranzosa.
“Certo che sì! Non lo vedi come sono su di giri, la mattina, quando mi alzo e mi preparo? Non è più un peso, andare a scuola…” mi rassicura lui, con aria convinta.
“Gran cosa, questa. E… la prof che diceva di essere sadica?” chiedo.
“Quella non è cattiva. Quella è una veterana: ne ha viste di tutti i colori. Oggi ci ha detto di non buttarci dalle finestre, anche se siamo nei container!” risponde, serio.
“Buttarvi?! Perché, c’è gente che l’ha fatto???” trasecolo io. Gli studenti non finiscono mai di stupirmi.
“A quanto pare. In effetti, avrebbe fatto meglio a non dircelo: a noi non sarebbe mai venuto in mente. Così, ci ha dato un’idea…” ghigna, mefistofelico.
“Ci devi solo provare!” lo investo.
“Scherzo, mamma. Ormai le cose sono cambiate: nella mia vita c’è stata una svolta importante!” dichiara, con volto quasi grave.
“Consolante. Una svolta, eh?” mormoro io, mentre una flebile speranza si fa strada nel mio cuore di mamma. Vuoi vedere che siamo stati folgorati anche noi sulla via di Damasco…
“Certo: arrivato in fondo alla strada, per andare alle medie svoltavo a destra: adesso, per andare alle superiori, svolto a sinistra!” mi stende lui, per piazzarsi di nuovo davanti all’inseparabile schermo del PC.
Come volevasi dimostrare. Ripiantiamo i piedi a terra, e prepariamoci a soffrire: il paziente è vigile e reattivo. La prognosi, tuttavia, resta riservata.

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