Cronache vecchie e nuove
Esperimenti
culinari del filosofo: sabato pomeriggio andava in scena il cheesecake.
Il
nostro, quando cucina per la morosa, non lascia nulla al caso: proprio per questo,
ho deciso di fargli da tutor. Conservo intatto il ricordo della sua prima sachertorte:
ritenendo la procedura da me consigliata eccessivamente complessa, aveva
apportato delle modifiche, atte a velocizzare il tutto. Senza contare che, da
bravo matematico, era convinto che, invertendo l’ordine degli addendi, il
risultato non cambiasse.
L’apprendista
stregone realizzò così un impasto di malta, trasformatosi, dopo cottura, in un
blocco di calcestruzzo. Per tagliarne una fetta, fu necessario usare il
coltello elettrico.
Lezione
tanto pesante, in ogni senso, da spingerlo a ricorrere alla mia supervisione, ogniqualvolta
si cimenta in una nuova opera di alta pasticceria: attività per la quale è
molto versato, peraltro. Basta un unico esperimento guidato, e da lì in poi il
ragazzo realizza capolavori a ripetizione.
Così
è stato anche nel fine settimana: cheesecake impeccabile.
Gaglioffo
rock: di sabato sera, i ragazzi adulti escono con gli amici. E il nostro
ragazzo adulto non fa eccezione alla regola: mentre mamma e papà si concedevano
un gelatino in centro, con gli amici, il giovane veniva trascinato a un
concerto rock. O sedicente tale.
Alle
dieci e mezzo, eravamo di ritorno, convinti di trovare la Stamberga vuota e
silenziosa. In realtà, dal piano superiore provenivano urla, ordini concitati
ed esplosioni di granate: lo stratega era al posto di combattimento, intento a
smembrare zombi.
“Scusa,
non eri con gli amici, tu? Che ci fai al computer???”
“Mamma,
ti prego. Che pena, ragazzi, che pena… Patetici.”
“Chi,
patetici?”
“I
rocchettari amici di D. Una musica schifosa, suonata peggio, con un pubblico…
Hanno iniziato ad arrivare a frotte tipi con le braghe alle ginocchia, i
berrettini messi a rovescio, la sigaretta in bocca e la birra in mano. Quando
ho visto che gente c’era, ho prestato la mia catena per la bici a D. e gli ho
detto di restarci lui, al concerto dei suoi idoli. Io me ne sono tornato a
casa: lo sai che il casino non fa per me!”
Segue
un frastuono indescrivibile, subito tacitato dall’inserimento dello spinotto
delle cuffie: cuffie indossate dallo stordito, amante della tranquillità, reso
subito sordo dal susseguirsi delle deflagrazioni.
Che
sia la pace eterna, ciò cui aspira in realtà…?
Desmontegada
di Siror: troppo carina, ‘sta cosa. C’erano le vacche più truccate di me, i
cavalli più eleganti di mio marito e le pecore, più nere delle pecore nere di
Casa per Caso. Galline, oche, cavalli, asinelli e una carriola piena di
cuccioli di Terranova, in mezzo ai quali mi stavo tuffando, e tanti bambini
deliziosi, molto compresi nel ruolo affidatogli.
Assieme
a due coppie di amici, ci siamo spalmati ai bordi del tragitto del bestiame,
accompagnato dai valligiani in gran tiro, addobbati con i tipici abiti tirolesi
e incitati dalle marce suonate dalle svariate bande locali.
Completamente
preso dal suo ruolo di fotoreporter, il nostro amico paparazzo girava con l’occhio
incollato all’obbiettivo: e mal gliene incolse.
Una
vacca con una cornucopia piantata di traverso sulla fronte, a bloccarle la visione, ha iniziato a sbandare verso il pubblico, restando per di più vittima
della sindrome di Montezuma: è partita una granata ad alta penetrazione, che ha
cecchinato in pieno i calzoni e persino la maglia del nostro povero fotografo
della domenica. Che ha visto ritorcersi contro di lui lo strumento tanto amato:
esistono scatti che ritraggono lui e la moglie nei pressi di una fontana,
impegnatissimi a eliminare le tracce del delitto.
Tra
questo e la compagnia, decisamente ilare, è stata una delle domeniche più
divertenti degli ultimi anni. Erano secoli che non ridevo così: evviva E &
L, gli organizzatori della giornata. Se mi leggete, grazie, ragazzi. Davvero.
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