Fallaci apparenze e ammiratori d'epoca
Cosa
deve pensare una madre, se incontra un figlio in un giardino pubblico, con le
braccia trafitte dagli aghi? E quali possono essere i suoi sentimenti, quando
vede con lui l’amico e compagno, responsabile di averlo trascinato in cotanta
avventura, ridotto nelle medesime condizioni?
La
suddetta mamma s’intenerisce e allunga una pacca sulla spalla, pericolosamente
simile a una carezza, all’indirizzo di entrambi, esclamando con orgoglio
malcelato: “Belli, siete!”
All’insaputa
dei più, il filosofo ieri mattina era andato a donare il sangue per L’AVIS. E nel
giardino dell’ospedale l’ho incrociato, mentre tornava: l’infermiere incaricato
del prelievo pare avesse sbagliato qualcosa, così l’hanno dovuto ridurre a un
puntaspilli, povero ragazzo. Un buco per braccio, gli hanno dovuto fare.
Preoccupata
la reazione di mio figlio, quando mi ha visto avviarmi verso la piastra: “Che
ci fai qui, tu? Stai male?”
“Tranquillo.
Tuo padre ha dimenticato il cellulare, glielo devo andare a portare…”
Rasserenato
sullo stato di salute di mamma, il giovane è sparito alla mia vista,
ridendosela con il suo amico, uno spilungone eterno, tanto alto quanto in gamba.
In
corridoio, incontro un mio vecchio cliente, uno dei miei preferiti: gioviale e
simpatico, ricordo che mi portava le ciliegie del suo albero, in primavera, e i
cioccolatini a Natale. Una sagoma. Abbracci, saluti, ragguagli reciproci e,
infine, la dichiarazione: “Ahhhh, la
Valentina! Fossi un po’ più giovane, le avrei fatto il filo, alla Valentina!”
Ridendo,
mi sottraggo alle sue spire, raggiungendo alla svelta il piano dello smemorato.
Dopo
la consegna del materiale elettronico, rientro alla base: lungo il tragitto, l'ennesimo incontro. In questo periodo, ogni volta che esco faccio più soste che a una via crucis.
Altro
vegliardo, ancor più vetusto del precedente. Costui, dopo avermi salutato col
consueto entusiasmo, inizia a levare lodi al cielo, per la sua fortuna di
aver potuto incontrare – e baciare (!) – cotanta meraviglia della natura.
Considerati i miei dati anagrafici, capirete da soli che questo deve avere
ottocento anni, per trovarmi ancora così incantevole.
E difatti…
“Cara
Valentina, arrivederci a presto…”
“Arrivederla…”
Smack,
smack. Due baci da convenevoli, scoccati all’aria, a rigorosa distanza di
sicurezza, guardinga quanto un agente antisommossa. Qui non si sa mai.
“Ecco
qui. Le do due baci, e il terzo col pensiero…”
A
questa battuta, me la batto a gambe levate. Il neurone appannato dai decenni li
fa straparlare, ‘sti vecchietti.
Ma
vedi tu come sono ridotta: ormai, faccio perdere la testa solo agli
ultraottantenni. Jurassico può stare più che tranquillo, ahimè…
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