Ventiquattro ore lombarde

Finalmente. La Miss è riuscita a dar corpo al suo sogno: una giornata di shopping sfrenato a Milano, in compagnia di mamma e di una sua amica, mooolto trendy ed elegante. La compagna ideale, con la quale girovagare fra stand straboccanti e vetrine rilucenti. Papà è tornato alla base non appena scaricate le zavorre, abbandonandole sul suolo meneghino, attrezzate di denaro elettronico e animate da pessime intenzioni. Quando mamma porta le sue card personali, vuol dire che ha deciso di essere generosa. 
Sono state eseguite le peregrinazioni di precetto, percorrendo con compunzione le vie del quadrilatero della moda, ma, soprattutto, c'è stata la visita in cattedrale. Nel santuario del fashion, presso l'ara dove bruciano, inestinguibili, i desideri delle teen agers, alimentando i riti spenderecci di madri in vena di premiare studentesse volonterose. In una parola: Abercrombie. 
Ragazzi, non so se abbiate idea di cosa sia, questa formidabile macchina di vendita: per quanto mi riguarda, è una delle più pure espressioni del genio umano. Se esiste un mago del marketing, questi ne è senza alcun dubbio l'ideatore. 
Dietro la soglia, immense quinte propongono gigantografie di esemplari umani, ma solo in apparenza: considerata la perfezione di forma e aspetto, è forte il sospetto che essi siano scesi direttamente dall'Olimpo. Ad accogliere le sognanti fanciulle, tre giovanotti di aspetto più che gradevole, uno o più dei quali esibisce bicipiti scolpiti in palestra, tartaruga d'ordinanza e fasce muscolari ubiquitarie, difficilmente riscontrabili nel ragazzo della porta accanto. L'abbigliamento, che prevede calzoni, calzature, e basta, contribuisce ad accendere l'interesse delle giovani clienti, che dopo una foto in compagnia del tartarugato di turno - il quale distribuisce persino autografi - si lanciano sugli scaffali, comprando a mani basse. Passaggio, questo, saltato dalla Miss: l'atto di adorazione al modello-cariatide non è roba per lei. La mamma, grata, leva una prece al cielo. In ogni caso, il luogo ha alcune connotazioni inquietanti, per una povera genitrice inesperta : le luci stroboscopiche ostacolano la valutazione di colori e misure, ma di certo garantiscono un effetto scenico di tutto rispetto. La musica pompata finisce di finirti, confondendo le due idee superstiti che ti erano rimaste in testa, fiaccando ogni tua resistenza. Giovani semidei si aggirano fra gli espositori, spruzzando profumo sugli abiti, come se piovesse. I commessi, di genere misto, sono tutti più che carini, alcuni davvero bellissimi:  e parlano strano, per giunta. 
Dopo tre piani ascesi in questo ambiente alieno, ormai avevo perso i riferimenti propriocettivi: tant'è vero che, quando uno di loro mi ha domandato cosa cercassi, gliel'ho detto. Gentilissimo, mi ha confermato che le magliette che maneggiavo erano perfette per mio figlio, e mi ha salutata gentile, sfilando quindi via con incedere panteresco. Solo allora mi sono riscossa, rendendomi conto che l'intera conversazione si era svolta in inglese: ma non ero a NewYork, che diamine. Ero a Milano, ITALIA! 
Alla cassa, tuttavia, dopo la frase in inglese, seguiva sempre puntuale traduzione: quando si tratta di soldi, vogliono essere capiti. Senza possibilità di fraintendimento. 
Un'ora lì dentro, e la Miss credeva di essere finita in Paradiso: è terribilmente afflitta di non abitare lì, nei pressi. Chiederebbe di essere assunta immantinente, ha dichiarato. La sottoscritta, dopo il medesimo lasso di tempo, necessitava di un cordiale, invece. 
Però ha reso due figli felici: anche il gaglioffo, quando ha visto le T-shirt che gli ho portato, è stato felice. 
Anzi, l'intera famiglia ci ha accolte, oggi pomeriggio, come due reduci: hanno preteso un resoconto completo, il manigoldo è arrivato ad abbracciarmi, lodando il profumo che indossavo. Già, perché fra le altre cose ho acquistato anche l'ultimo nato di Chanel. 
"Mamma, ti dovresti trasferire a Milano. Ti fa bene, frequentare certi posti!" mi ha dileggiata il vigliacco. 
Tra shopping, buona cucina e piacevole compagnia, abbiamo passato ventiquattro ore magnifiche. 
Grazie infinite alla carissima amica che mi ha permesso di fare questo bel regalo alla mia Miss. 
Un abbraccio, Silvia: da entrambe le Valentine. 

Commenti

Post popolari in questo blog

Una vita che non posto: 8 marzo

Una famiglia tradizionale (???)

La Karly mi fa piangere!