Uomini e topi
O, meglio, gatti. E’ così che chiamiamo i felini, a Casa per Caso: topi.
Povere bestie. Prima o dopo mi faranno una crisi d’identità di specie.
Per il momento, tuttavia, non sembrano soffrire troppo: stamattina il gattone nero ha fatto colazione, perlustrato la casa, indi ha iniziato a seguirmi come un cagnolino. Pensando volesse uscire, ho aperto la porta della cucina: si è seduto composto, mi ha fissata, e si è leccato i baffi. Aveva ancora fame.
Gli ho servito una mezza porzione di croccantini.
L’ha raggiunta, fiutata, e ha ripetuto la scena precedente.
Sono andata a prendere una busta di mangime umido, aggiungendolo a quello secco.
Due minuti dopo la ciotola era lucida: alla faccia di chi pensa che gli animali non si facciano capire.
Il grigio, invece, mi ha raggiunta in lavanderia: mentre stavo allestendo le prime due lavatrici della giornata, l'animale è entrato dalla finestra, ha guadagnato la caldaia con un passo lunghissimo, raggiungendo poi con un balzo un foro, localizzato vicino al soffitto. Tale pertugio è stato creato per permettere il passaggio del tubo della caldaia: peccato che la bestia abbia trovato il modo di infilarcisi dentro, percorrendolo tutto, fino ad affacciarsi all’interno dell’appartamento. Ecco come fa a comparirci di fronte, anche quando siamo certi di aver sigillato tutte le porte…
Un nuovo lavoro per Jurassico: la chiusura della via d’accesso per gatti clandestini.
E andiamo agli uomini: con quelli, capirsi è ancora meno facile che con i gatti.
Come donna, sono poco dedita allo shopping: non vado matta per vestiti, scarpe e borsette. E le poche volte che decido di farmi un regalo, subito dopo chiamo il marito, per avvisarlo dell’uso – quasi – improprio, fatto della mia carta di credito.
A Casa per Caso abbiamo conti separati e cuori intrecciati: così, ci diciamo sempre tutto. Pure i peccati di transazione. Economica.
Ogni santa volta, il marito reagisce con malcelato entusiasmo: adora vedermi vestita bene. Poveraccio, gli concedo questa gioia così di rado che non sa proprio niente di moda. Nemmeno per conoscenza riflessa.
La sera del ristorante, per esempio, dopo l’antipasto l’ho visto sbiancare: “Vale! Ti si sta scucendo il vestito!!!”
Mi sono guardata la spalle: aveva notato la finitura, sfilacciata ad arte, dell’abito di seta appena acquistato.
L’ho rincuorato, lasciandolo però dubbioso. Era chiaro che pensava: perché spendere tanto per un abito mezzo rotto?
Non ho cercato di spiegarglielo. Non lo so nemmeno io.
Di ritorno da Milano, invece, ha ascoltato attonito la competenza con cui sua figlia sciorinava i nomi dei suoi stilisti preferiti, per quanto concerne la pelletteria. Louis Vuitton, Miou Miou e Jimmy Choo. L’ho visto vagamente stravolto.
In serata, mi sono messa a combattere con le valige da riporre, arginando le seguenti crisi di coscienza: dove ho lasciato il caricabatterie del portatile??? Reperito nella tasca esterna del trolley, sotto due fogli di carta. E quello del cellulare? Accidenti, l’ho dimenticato…
In effetti, era vero. Avevo dimenticato di usarlo, portando il cellulare al limite del collasso: il cavo era celato in borsa, dove l’avevo riposto alla partenza.
Il liquido delle lenti? Sequestrato da Valentina.
La mia camicia da notte? Quella informe, comodissima, di cotone sgualcito, con decoro a motivo felino? Ritrovata sul fondo della valigia. Purtroppo per Jurassico.
E mentre io raccattavo, uno a uno, gli oggetti che credevo di avere perso, l’uomo meditava nel suo cuore le cose che aveva sentito da noi.
Terminato il mio lavoro di riordino, stavo per raggiungerlo: uscendo dalla stanza, quasi mi scontro con lui, che mi stava venendo a cercare.
Telepatici, nel nostro amore.
“Tesoro, scusa…” mi chiede, con aria dubbiosa: “Come ha detto che si chiama quel tipo, nostra figlia? Mimmi Ciuppa..?”
No. Con quell’uomo presente, è meglio che non parliamo di moda, la Miss e io.
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