Imprevisti vari ed eventuali
L’abbiamo
promesso. Li dobbiamo portare al mare: così, con la morte nel cuore, abbiamo
mollato gli ormeggi e lasciato il giardino dell’Eden, puntando la prua verso le
coste.
Come
da richiesta, raggiungiamo una nota località turistica, fornitissima di
campeggi pluristellati. Piazzole di sosta ombreggiate, a pochi metri dalla
spiaggia, disponibili tutti i servizi del caso…
Questo
il claim delle varie strutture ricettive: in realtà, siamo costretti a infilarci
– con manovra da contorsionisti - in una
stia, talmente stretta da permettere appena l’apertura delle finestre. E basta.
Impossibile posare una semplice sedia, figuriamoci il gazebo e il tavolino:
polli in batteria. Chissà se ci
taglieranno anche il becco: il muso del nostro pachiderma sporge
pericolosamente in avanti. La mansarda è a rischio di asportazione: se un
camperista giunge nottetempo, stanco e distratto, c’è la possibilità che
strappi, letteralmente, Mpc dal suo letto. A ciò si aggiunga la temperatura,
che svetta oltre i 35 Celsius, dopo nemmeno dieci minuti dall’arrivo e chiusura
nello stallo. L’assenza totale di
ventilazione provoca un picco immediato dell’umidità dell’aria: un lager.
Venduto a peso d’oro, tra parentesi.
Jurassico,
sudato come una grondaia e più scuro di un temporale, rilascia la seguente
dichiarazione: “Se resto qui una notte intera, non sopravvivo. Andiamo in un
posto dove ci sia ARIA!”
I
due animali marini concordano col padre: per evitare discussioni, l’unico
sistema è far toccare ai giovani con mano la realtà.
Ci
sbrigliamo con qualche difficoltà – anche i vialetti destinati alle manovre sono
lillipuziani – e raggiungiamo un’area di sosta sulla costa. Spazzata dal vento
e semivuota: quello di cui avevamo bisogno. Purtroppo, il vento in oggetto è il
Phon: ergo, è caldo. Ma la temperatura è comunque sopportabile: dormiamo con
tutte le finestre aperte, il che si traduce in un frastuono quasi insostenibile,
che mi tiene sveglia per ore. A ciò si aggiungano le difficoltà di
addormentamento del gaglioffo: il suo fattore di crescita ha superato anche la
capienza – di tutto rispetto – del nostro camper. Ormai, è troppo lungo per la
cuccetta: ripiegato come una cartina topografica, si dimena come un’anguilla,
facendoci rollare e beccheggiare come un guscio di noce in un mare in tempesta.
A
un’ora imprecisata, si leva la voce della Miss: “Ma cosa fai??? Sei scemo?!
Mamma, questo dorme per terra...”
“Non
ci sto, lì dentro. Mi fanno male tutte le giunture! Domani giuro che dormo come
un barbone, sulla prima panchina che trovo…”
La mia offerta di cedergli il mio letto non
trova accoglimento.
In tutto questo, Jurassico dorme come un ciocco.
Nessun segno di vita. Confesso che controllo se respira: qui dentro c’è la rivoluzione,
lui resta imperturbabile. E’ vivo, ma deve aver perso i sensi.
Intanto,
il watusso esegue un altro paio di rotazioni sul proprio asse.
“No,
il pavimento è troppo duro. Cercherò di respirare poco: così non espando il
torace. Addio…”
Il
meschino si raggomitola di nuovo e si reinfila nel cubicolo. In qualche modo,
mette assieme qualche ora di sonno: ma alle sei e mezzo è già sveglio.
Poveretto.
Dopo
una frugale colazione e un lavaggio quasi a secco, ci rimettiamo in viaggio,
verso lidi più accoglienti. Almeno sulla carta: speriamo che non ci attenda un’altra
amara sorpresa. Quanto allo spilungone, stanotte dormirà con Jurassico. E’
deciso.
L’amor
genitoriale fa premio su quello coniugale.
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