Lady Nosferatu esce allo scoperto


Ieri, prima giornata alla piscina scoperta. Come dire: Lady Nosferatu vuole farsi del male.
Nonostante si sia subito provveduto a spalancare un ombrellone sopra la mia testa, e la sottoscritta ci sia rimasta rannicchiata sotto per quasi tutto il tempo, sono riuscita a tornare a casa ridotta peggio di un porcetto da latte. Rosa maialino, e neppure uniforme: a chiazze e strisce. Le chiazze dove non avevo insistito abbastanza con il filtro, le strisce dove non mi ero accorta che batteva il sole: coscia destra, per un terzo della larghezza e l'intera lunghezza. Ora faccio pendant con la tenda del terrazzo: viste assieme, creiamo un rigato bianco-rosso-verde molto patriottico. Degni di nota i piedi bicolor, come un Ringo, ma alla fragola: bianchi sotto, rosa shocking sopra.
Insomma: più che un’abbronzatura, un’arlecchinata. Del resto, lo sapevo: va sempre così. Ogni anno. C’è solo da sperare che, con l’esposizione ripetuta e l’utilizzo di schermi solari indice “calzino della nonna”, il colorito diventi – almeno – di un rosato uniforme. Fatte salve le lentiggini, ovviamente: c’è chi ha smacchiato un giaguaro, di recente, chi invece ci si è trasformato.
Dopo qualche ora di sane letture dietro al giornale,  un tizio mi avvicina, attaccandomi un bottone tanto, apostrofandomi con un disinvolto “tu” colloquiale. La situazione si  fa risibile quando, rispondendo a un interrogatorio sulle mie abitudini balneari, chiarisco che le spiagge vicino a casa le ho sfruttate solo quando i bimbi erano piccoli. Dopo essersi informato sull’entità della mia prole, e soprattutto aver appreso l’età della stessa, il nostro inizia a balbettare: “Complimenti… Se li porta benissimo…” passando d’improvviso dal tu al lei, con abbandono repentino di ogni atteggiamento piacione. Si è reso conto, con sconforto evidente, di aver lumato una nonnetta.
Una volta tornata alla base, Elastigirl mi ricorda che dobbiamo andare a comprarci qualche costume. Si parte in bici, alla volta del locale centro commerciale. Come capita sempre, sono costretta a scartare metà dei costumi provati, per la deprimente inadeguatezza dei miei air bag. Uffa. Possibile non si possa decidere dove limare e dove aggiungere? Che io cali o aumenti di peso, ci sono zone in cui la carestia è costante.
Che depressione, ragazzi…
Durante il tragitto di ritorno, sento la Mis borbottare: “Tu cadrai…”
Mi guardo, con una punta di preoccupazione: in effetti, sono in sella a una bici non mia, con la sella talmente bassa da mordermi le ginocchia a ogni pedalata. Però non mi sembra di essere in equilibrio instabile, almeno…
“Perché?”
“Pennuto! Sei ridicola! Non sto parlando con te, è ovvio…”
“Ah, certo, scusami. Siamo qui tu e io, intorno alberi e basta, perché mai dovrei pensare tu ti stia rivolgendo a me?”
Con espressione colma di sussiego, mi risponde: “Parlavo con il sacchetto!”
“Vedo… E quella fuori di testa sarei io, giusto?”
Elastigirl ridacchia, ribattendo:  “Tu sei un pennuto e basta!”
Pedaliamo prendendoci reciprocamente in giro, fino ad arrivare a casa sane e salve: sulla soglia, la bustina che porto a tracolla mi s’impicca alla sella, bloccando a metà la mia manovra di discesa e costringendomi a una contorsione indecorosa. La Miss, appoggiata alla sua bicicletta, mi osserva scuotendo la testa: “Io non dico niente. Ormai queste scene sono la quotidianità, in questa casa!”
In un modo o nell’altro, mi traggo d’impaccio, apro il cancello e riporto al coperto il velocipede fuori misura, brontolando contro tutti coloro che sfruttano le mie cose, approfittando del fatto che le conservo meglio di loro.
Prima o poi, mi costruisco un bunker sotterraneo: e ci nascondo tutto. Dalla bici alle penne, dall’auto allo scotch, dalle forbici alle magliette. Così la pianteranno, una buona volta, di usarmi come miniera di materiale preso in prestito. E mai reso alla legittima proprietaria, ovviamente.
Questa non è una casa: è un covo di manolesta. Parola mia.

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