Notifiche Push

“Perché il mio telefono ha cancellato tutte le mail?” chiede Jurassico al figlio tecnologicamente evoluto. Quell’Android caricato sul suo palmare dev’essere proprio un alieno: ogni due per tre gli crea un problema. Vuoi mettere il mio cellulare primordiale, che talvolta non riesce nemmeno a fare le telefonate? penso io, ma non mi esprimo. Se mi sentono, mi defenestrano.
Segue spiegazione solo per iniziati: discettano di server, sync, notifiche e altre robe strane che capiscono solo i maschi di famiglia. Noi siamo cresciuti negli anni di piombo, in pieno conflitto generazionale; a Casa per caso, invece, regna sovrana l’incomunicabilità di genere. Solo in campo informatico, però.
Essendo io un tipo che non si arrende mai, tento comunque di seguire la conversazione, azzardando persino una domanda: “Perché non usi Gmail, e leggi la posta on line, come faccio io…?”
Incredibilmente, sembra io non abbia sparato la castroneria del secolo. Il figlio informatico si schiera dalla mia parte, ma lo fa per motivi che mi risultano incomprensibili: “E’ quello che mi chiedo anch’io. Gmail è più facile, e poi Fastweb non supporta Push!”
Ricomincio a vagare nell’oscurità, ma c’è qualcosa che mi suona strano, in quello che dicono. Dopo un po’, decido di chiedere spiegazioni: “Cos’è ‘sto Push…?”
Lo confesso: l’assonanza con pusher è una cosa che vagamente mi preoccupa.
“Notifica immediata di evento. E’ come un sms che ti avvisa dell’arrivo di una mail.”
Capito. L’assonanza non è casuale: questa è roba per drogati di tecnologia.
Mi arrendo e torno alle mie incombenze da donna delle caverne, occupandomi di sparecchiare e riordinare la cucina. A me non servono notifiche push per sapere quel che devo fare, questo è certo.  
Dal piano superiore, giunge intanto un urlo: “Mammaaaa!!!”
E’ la Miss.
“Che c’è?”
“Devi dire ad Andrea di non usare il mio spazzolino da denti: che schifo!”
“Ma veramente…” mi rivolgo al figlio filosofo, che scende le scale flemmatico, rimproverandolo indignata: “Scusa, sei scemo?!”
“Eh, che esagerate. Ne faccio solo un uso temporaneo…”
“Sì: lo usi momentaneamente, quando ti lavi i denti. Il resto della giornata, lo lasci lì!”
Mi risponde con un ghigno, al quale reagisco consegnandogli uno spazzolino nuovo: “Tieni. Porta questo a tua sorella e non ti azzardare più a mescolare gli strumenti di igiene personale. Razza di untore!”
Ma dico io, fossero cresciuti in una favela, questi qua... Sono depressa e anche un po' sconvolta. Meno male che il disgraziato ha appena fatto gli esami del sangue: almeno sono sicura che è indenne da virus strani...
Sopraggiunge il gaglioffo. Giusto lui mi mancava.
“Mamma, sai che sto imparando a usare il PC?”
“Ehi, sai la novità. Se sei attaccato allo schermo da quando avevi due mesi!”
“No, mamma, sto imparando a lavorarci, non a giocarci. Mio fratello è orgoglioso di me!”
“Ah, bene. Ti stai evolvendo tecnologicamente anche tu, quindi?”
“Esatto. Sto imparando da solo, tra l’altro. Sono il classico micio-micio.”
“???”
“Micio, mamma, nel senso che ci provo. Dò una zampata, e vedo che succede. Se non va, torno indietro!”
Perfetto. Dopo l’incomunicabilità di genere e gli azzardi igienici, mi ci voleva solo l’informatico felino. Devo fare un corso di sopravvivenza, per continuare a vivere qui. E’ decisamente un must. 

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