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Visualizzazione dei post da maggio, 2012

Emergenza sanitaria

Corradino è strano. Stranamente quieto, dorme tutto il giorno e non cerca di approfittare di ogni spiraglio aperto per galoppare in zona proibita. Mangia pochino, secondo me è caldissimo e perde troppo pelo, perfino in relazione alla stagione.  Il veterinario ieri l’ha visitato (41 di febbre!!!) e trafitto ripetutamente con iniezioni varie. Oggi lo vuole rivedere. Da brava operatrice sanitaria ho un aplomb inglese di fronte alle malattie dei miei amati, sia pure a quattro zampe: il bimbo è stato trasferito nelle nostra camera da letto e qui dimora da trenta ore. Glisso sul mio atteggiamento trepido, mentre gli prendo la zampina domandandogli: “Come stai, amore della mamma?” Ridicola. Stanotte l’ho chiuso in bagno, con comoda cuccia a disposizione, cassettina, acqua e cibo: ogni confort, stile albergo quattro stelle. Nonostante ciò, alle tre del mattino il felino inizia a raspare sulla porta. “E’ lui…” commenta Jurassico. Lo sento sorridere nel buio, il che equivale a un

Festa a sorpresa

I nostri amici speciali sono proprio speciali. Stavano festeggiando i loro due compleanni con una cenetta a due; terminato l’antipasto, i nostri si son guardati in faccia, sorridendo: “Da quanto tempo non uscivamo noi due soli, eh…?” Le coppie pluririprodotte hanno questo tipo di problema: specie quando l’ultimo nato ha meno di dieci anni. “Mhm. Però…” “…” “Ma dici soli soli tutta la sera? Anche per il dolce…?” Pausa. “Messaggio io la Vale?” “No, telefono io a Giuseppe!” Nemmeno hanno dovuto consultarsi: già sapevano chi, come, perché. Assolutamente fantastici. Così, mentre fuori si scatenava un fortunale, siamo stati attirati sul posto: appena spiovuto, ombrello in resta, raggomitolati in due impermeabili, li abbiamo raggiunti. E abbiamo fatto festa assieme. Che modo tenero di finire una giornata movimentata: in tanti, troppi sensi. Meno male che esistono amici così. Rendono il mondo un bel posto dove stare, per quante siano le brutte cose da superare. E dun

Piccole, grandi cose da nulla

Il periodo è nero. Anzi, nerissimo: non passa giorno che qualcuno, tra gli amici o i parenti, non ci dica di essere seriamente nei guai. La crisi morde, divorando la serenità di troppi, tra quelli che amiamo: quanto a noi, con quattro figli ancora a carico e ‘sti chiari di luna, c’è poco da stare allegri. Così, cerchiamo rifugio nelle piccole cose: una passeggiata a due, anche se quasi quasi piove, con Jurassico che tace, ma ogni tanto mi attira a sé, per fare qualche passo allacciati. Un gesto che dice più di mille parole. Un giallo in TV, che ci piace anche se non ci capiamo molto, perché facciamo caos con i nomi dei personaggi. E ci pigliamo in giro per questo.  Qualche ora con dei parenti con i quali non ci si trovava con calma da tanto: quattro chiacchiere, buon cibo e ottimo vino (senza eccessi quantitativi, però: dieta per tutti, ahinoi…) Un pranzo in terrazza, circondati dal gelsomino, cresciuto quel tanto che basta a regalarci un mix delizioso di mezz’ombra e profumo.

La verità brucia

Oggi, tempo pessimo. La cosa è grave, perché il cielo bigio si riflette sul mio umore, rendendolo pericolosamente filosofico. Mi duole per voi, ma il blog sarà intossicato dai risultati delle mie elucubrazioni plumbee. Tema del giorno, la verità: dirla, non dirla, talvolta subirla. Parliamone. Sono un’amante della verità. L’amo almeno quanto adoro la libertà. Ovvio che, volendo coltivare simili frequentazioni, sei tenuto al rispetto: pretendendo di mantenere intatta la tua libertà, devi considerare inviolabile quella altrui. Sport faticoso, quest’ultimo: specie quando ti accorgi di quanto gli altri ne facciano un uso scellerato. Molto più facile sarebbe obbligarli, in nome del loro bene, a fare scelte diverse: ma non si può. No, che non si può. Il rispetto della verità, poi, è un autentico cimento: niente verità addomesticate per giustificare i propri errori, niente rivisitazioni della storia per nascondere le nostre figure meschine (anche e soprattutto a noi stessi), viet

Vado al massimo

Qualche volta il rimedio è peggiore del male: ieri mattina avevo un ciuffo che nemmeno Morgan? Oggi, vista di fianco sembro un barboncino, di faccia invece Anacleto, il gufo di Merlino. Gli unici capelli rimasti sono quelli della frangia, che mi calano quasi sugli occhi: il resto è caduto sotto gli implacabili colpi di Mani di Forbice. E meno male che mi ero raccomandata di spuntarli appena: mi sa che la nostra si è distratta e ha perso il controllo delle lame. Fatto sta che stamattina la Miss, appena mi ha vista, si è messa a ridere. “Ma tu non riesci ad avere dei capelli normali, mamma?” Evidentemente, no. La signorina che m’irride, tuttavia, vaga per la casa con l’andatura di uno zombi. Viste assieme, le donne di Casa per Caso sono davvero uno spettacolo per gli occhi. “Perché ti muovi in quel modo? Hai l’elasticità di Lurch, il maggiordomo degli Adams…” “Corsa. La prof di ginnastica mi ha fatto fare due giri e mezzo della pista, di corsa!” “Li hai completati? Senza s

Mpc sempre al galoppo

A volte sono tormentata da domande cosmiche.  Oggi il quesito è il seguente: perché mi sono alzata, stamattina? Jurassico si è dimenticato una cosa importante, ergo la sottoscritta ora deve salire in auto e porre rimedio in tutta fretta. Sarà l’umidità, sarà la tensione, ma stamattina la mia chioma pare una piazza gremita di grillini. Ciuffi agitati e rabbiosi, ciascuno orientato in una direzione diversa: apparentemente ingovernabili. Dopo dieci minuti di inutili tentativi di domare la rivolta, esco dalla mia camera. Con un covone in testa. La Miss mi lancia un breve sguardo, per poi chiedere: “Parrucchiere, oggi, VERO?” “Ahem… Sì, sì. Dopo la chiamo…” “BENE! Che non mi tocca vergognarmi della mamma…” Seguono colazione, rapida toletta e… barba a lametta. No, non io. Non sono anche la donna barbuta: è il gaglioffo che ancora non riesce a raggiungere gli angolini nascosti. Così mi ha convocata: una mamma per tutte le stagioni. Anche quella del primo pelo. Dopo aver

Giorni difficili

Qualche volta lo senti: non basta. Per quanto tu faccia, non basta: il tuo appoggio, il tuo affetto, la tua vicinanza non bastano. Non basta a chi ha perso il centro del suo mondo: d’improvviso, senza preavviso e senza rimedio. Non basta a chi si sente vuoto e fragile come un guscio infranto e deve trovare in se stesso la forza di rimettere assieme i pezzi del suo cuore. Non basta a chi si vorrebbe trovare un perché a qualcosa che un perché non ce l’ha. Non basta a chi ha esaurito le forze e ne deve trovare di nuove, perché il mondo va avanti e non ci si può e non ci si deve fermare. Non basta a chi vede sfumare una prospettiva importante, a chi   assiste impotente alla dissoluzione di una vita di lavoro, a chi non sa cosa fare, di fronte a un cumulo di conti da pagare. Non basta a chi sta perdendo l’azienda, lo studio o l’impiego. E pensare a come riciclarsi dopo i quarant’anni è dura sul serio. Non basta a chi è solo, non basta a chi non ne può più di affrontare

Mamme sull'orlo di una crisi di nervi

Ragazze, vi prego. Non mi fate così che mi sento in colpa. Adesso perché vi faccio un post in stile casalinga disperata mi entrate in loop? Siamo ancora all'autofustigazione perché passate la vita a correre come trottole, per riuscire a conciliare lavoro e famiglia? E dopo che, miracolosamente, avete creato la quadratura del cerchio, vi domandate se siete delle pessime mamme, per questo? Ma per favore! Figlie mie, la mamma è sempre la mamma, che lavori o che stia a casa. Se una è capace di star vicino ai figli ci riesce anche se per tutta la giornata è fuori di casa a galoppare. Per loro, tra l’altro: alzi la mano la donna che, pur continuando a lavorare dopo la nascita del primo marmocchio, non ha messo lui – e non il suo lavoro – al centro del suo universo. Mia madre! Quella non si ricordava nemmeno che esistevo... Risponderà qualcuno di voi. Anche la mia, però! Farà eco un altro: figlio di una casalinga, capace di stare tra i piedi dei figli ventiquattrore su vent