Emergenza sanitaria

Corradino è strano. Stranamente quieto, dorme tutto il giorno e non cerca di approfittare di ogni spiraglio aperto per galoppare in zona proibita. Mangia pochino, secondo me è caldissimo e perde troppo pelo, perfino in relazione alla stagione. 
Il veterinario ieri l’ha visitato (41 di febbre!!!) e trafitto ripetutamente con iniezioni varie. Oggi lo vuole rivedere.
Da brava operatrice sanitaria ho un aplomb inglese di fronte alle malattie dei miei amati, sia pure a quattro zampe: il bimbo è stato trasferito nelle nostra camera da letto e qui dimora da trenta ore. Glisso sul mio atteggiamento trepido, mentre gli prendo la zampina domandandogli: “Come stai, amore della mamma?”
Ridicola.
Stanotte l’ho chiuso in bagno, con comoda cuccia a disposizione, cassettina, acqua e cibo: ogni confort, stile albergo quattro stelle. Nonostante ciò, alle tre del mattino il felino inizia a raspare sulla porta.
“E’ lui…” commenta Jurassico. Lo sento sorridere nel buio, il che equivale a un permesso sottinteso: scatto in piedi, sveglia come un canarino, e mi precipito dal pupo. Sei secondi dopo, il micio ronfa nel lettone, allungato tra me e il marito. Una cosa mai vista, nemmeno quando i bambini erano piccini.
Rimarchevole l’amato bene, il quale stamattina ha equamente diviso la quotidiana dose di coccole del risveglio tra me e il grigio ronfante. Quasi quasi mi metto a far le fusa anch’io, divisa tra un marito amorevole e un micio svenevole.
Ora la belva è sdraiata alle mie spalle, allungata sul lettone: ma sa che questo non guarisce più. Altro che poverino, ha la tracheo- bronchite: il vigliacco sta approfittando a piene zampe di tutti i benefit straordinari concessi per la (presunta) emergenza. Speriamo nel pomeriggio lo dichiarino guarito, sennò lo vizio. Se succede, sono rovinata sul serio.

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