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Visualizzazione dei post da gennaio, 2012

Attendendo gli eventi

Oggi abbiamo Jurassico via di casa per lavoro fino a tarda sera, tanto che per vederlo vado a pranzare con lui al bar dell’Ospedale, i figli maggiori con gli esami ormai incombenti e la Miss che se la deve vedere con lo spasimante sponsorizzato a sua insaputa dalla prof (dubbio di ieri: e se poi la prof si arrabbia con me perché non lo calcolo…?). Pare un po’ Scajola, ma stando alla versione dei fatti di Romeo sembra che le avesse chiesto solo di riportare un suo saluto, alla Miss. Il resto è iniziativa personale dell’insegnante. Ci sono attimi nei quali mi sento decisamente vecchia: tutto questo mi sembra un po’ una follia. Il gaglioffo, invece, ieri si è dopato di matematica, per poi giocare un minitorneo di tennis. Vinto. Così, sulla scorta di tale successo sportivo, già vagheggia di quando porterà a casa un sei in matematica: “Ci vado personalmente in reparto da papà. Mi presento come suo figlio, così tutti vedono come sono cresciuto (visto che tartaruga, a proposito, mamma

Codice rosso

Ora 1.30 di venerdì notte. Jurassico è sul punto di assopirsi, in ospedale, quando il display del suo cellulare s’illumina: un sms. Ti posso disturbare? Mittente: Mpc. E lo sventurato rispose… Emergenza sanitaria in corso, a Casa per Caso. Una pasta ai frutti di mare si è rivelata un subdolo killer: dopo averla spazzolata, il filosofo dà qualche segno di fastidio. Pare qualcosa gli sia rimasto in gola. Va a farsi un gargarismo, quindi esce di casa con gli amici, lasciando mamma a gozzovigliare con un’amica. Le assenze di Jurassico vengono sempre colmate in questo modo, dall’amata mogliettina: dandosi alla pazza gioia con qualche amica. A mezzanotte circa il giovanotto rientra, dichiarando di sentire ancora un corpo estraneo incastrato a metà della gola: gli do un’occhiata, ma non vedo nulla. Così, lo spedisco a letto, con l’idea di rimandare all’indomani eventuali indagini diagnostiche. Un’ora e mezzo dopo, il nostro mi piomba in camera da letto, causandomi un infarto per lo spavento,

Parentesi rosa

Ieri, come sempre, alle due del pomeriggio ero in cucina, pronta ad accogliere la Miss al suo rientro da scuola. Quella ventina di minuti  dedicati dalla nostra al pranzo sono un momento tutto nostro: quello il cui mi racconta com’è andata la giornata, e pure quello in cui facciamo quattro chiacchiere fra donne. Un gioiellino, per la sottoscritta, incastonato in una giornata di corse, incastri improbabili fra mille impegni conflittuali tra loro e seccature a non finire. Ebbene: questo momento magico si sta trasformando in un romanzo rosa. A puntate. Due giorni fa, scopro che c’è un ragazzo dell’ultimo anno il quale si è invaghito di lei: il che non rappresenta una novità. La novità è costituita dalle modalità di approccio del giovane, decisamente fuori dal comune. Durante una delle lezioni della mattinata, una professoressa si è bloccata all’improvviso, per rivolgersi a mia figlia: “Vale, ti devo rendere partecipe di un gossip…” E qui è partito una specie di stacchetto pubblicitario a

Appannata (?)

Lo so, lo so: vi deludo. Quando una ha la fortuna di nascere con una dose maggiorata di senso dell’umorismo, ci si aspetta da lei che riesca a ridere di tutto, non si prenda troppo sul serio e non si faccia abbattere nemmeno dalle cannonate. E invece, sono giorni e giorni che vi ammorbo con le mie paturnie: vergogna! Sapete quel che mi ha fregata? L’illusione di aver fatto il più. La falsa convinzione di aver risolto la maggior parte delle rogne che hanno funestato la mia esistenza e di potermi finalmente godere un po’ di meritato riposo. Giusto sull’orlo della menopausa, col capello che incanutisce sotto la colata bionda e le energie in riserva, mi sono trovata di fronte a una montagna talmente alta da non sapere nemmeno da che parte iniziare a scalare. La tentazione di sedersi per terra, aspettando una soluzione esterna  (un miracolo, oppure un elicottero: basta che venga dall’alto) è molto forte: perché dalla sottoscritta, ormai, rischiano di emergere solo lacrime. Materiale umido,

Ce la faranno i nostri eroi...

Ora vi spiego la mia strategia, messa a punto col padre dopo svariati incontri al vertice, presenti pure i fratelli maggiori. Posto che dove non so muovermi con disinvoltura già ho passato la palla a gente più competente di me, quello su cui deve lavorare il nostro è la precisione nell’esecuzione dei compiti. Tutti, i compiti: dovreste vedere come scarica la lavastoviglie, per esempio. Con le tazze ci fa le torri, sfidando ogni legge fisica su baricentro ed equilibrio, mentre pile di pentole extrasize, poggiate tutte su un minipentolino piccolo così, non rovinano a terra solo perché si appiattiscono, terrorizzate, alle pareti della madia. Le sue scarpe sono sempre a spasso per la casa, la cartella staziona qui e là, presidiata dal giubbotto, i guanti, le chiavi e le scarpe da tennis sono sempre missing: soprattutto quando gli servono. E in questo, purtroppo, somiglia a sua madre: pure la genetica mi rema contro, me tapina. Almeno controbilanciasse, come faccio io, con una organizzazio

Resoconto dal fronte

Tra la pagella cimiteriale, i suggerimenti per il recupero più adatti a un generale d’armata che a una mamma disarmata e le fosche prospettive per il futuro, mi sento proprio in guerra. Inevitabile chiedersi: ce la farò a uscire dal guano? Saprò trovare il modo per strappare la prole dalle sabbie mobili? E, soprattutto, che devo fare per riuscirci? La stoffa del combattente si vede in momenti come questo: quando le preoccupazioni incalzano, il compito da svolgere è immane e la pressione su di te aumenta in modo esponenziale. Vedo che siete in parecchie a condividere le mie ambasce: sperando di esservi utile, vi informo sulle mie modalità operative in questo drammatico frangente. Date le circostanze, c’era un’unica cosa saggia da fare: le valigie. Ritirata strategica, fuga controllata, pausa di riflessione: chiamatela come volete. Io sono scappata: dalle mie responsabilità e pure da casa. Mi sono data alla fuga per qualche giorno: altrimenti, rischiavo di costringere altri a organizzar

Figli e naufragi

Parliamo di scogli, di falle e di procedure di emergenza in caso di naufragio. Parliamo del gaglioffo, dunque, ma non solo di lui:  parliamo di questo dannato ginepraio nel quale ci cacciamo quando decidiamo di riprodurci, dando un calcio a tutte le nostre certezze, per infilarci in un oceano di guai. Impreparati a tutto quello che ci accadrà, con l’incoscienza della gioventù oppure la falsa sicurezza data da qualche decennio di primavere accumulate sulle spalle, ci troviamo a scontrarci con ostacoli inaspettati, pessime sorprese e delusioni a ripetizione. Il tutto facendo i conti con un senso di inadeguatezza tanto devastante da sfiorare talvolta la disperazione. Che fare, dunque? Abbandonarci al fluire degli eventi, rovesciando sui nostri figli tutta la responsabilità dei loro fallimenti, o affogare nei sensi di colpa, convinti di non aver fatto mai abbastanza per aiutarli? Chi è genitore lo sa: di fronte a un figlio che tentenna, pensi sempre che sia tutta colpa tua. Una dinamica

Io speriamo che me la cavo

Mi fanno ammattire. Gaglioffo e Ziapercaso saranno la mia morte: non so se sopravvivrò alla micidiale combinazione costituita da quei due.  Per due giorni son corsa come una trottola per centinaia di chilometri, a disbrigar pratiche per conto della zia: scoprendo che la stessa ha disseminato il suo cammino di disattenzioni, dimenticanze e disastri vari. In molti abbiamo cercato di suggerirle qualche dritta, in questi anni, timorosi che accadesse proprio questo. “Non sono mica scema!” era la risposta, riservata a tutti noi. Sdegnosa e altera, ci polverizzava con lo sguardo, bloccando sul nascere ogni nostro pallido tentativo di intervento. Risultato: ora Mpc è costretta a fingersi lo Shuttle, per porre rimedio a immani quanto numerosi  casini pregressi. Ne avrò per settimane: stima approssimata per difetto. Presa da crisi di sconforto, l’ho chiamata al telefono, direttamente da casa sua (in Trentino) avvisandola dell’inaspettato sviluppo degli eventi: nulla di fatto sul fronte disbri

Lo stiamo perdendo

Stamattina, ore otto, colloquio con la coordinatrice di classe del gaglioffo. Sono stati registrati alcuni timidi segni di miglioramento, ma la pagella è un cimitero. Uniche sufficienze, ginnastica e religione.  La prof mi esorta a non disperare: abbiamo cinque mesi per arrampicarci sino alla sufficienza generalizzata. Però io sono disperata lo stesso.  Che mi inventerò, stavolta?  "Mamma, mamma! Sono appena stato aggredito da un'anatra!" "Eh?" "Sì, mi ha aggredito: io l'ho salutata dalla riva e lei ha iniziato a starnazzare, agitando le ali! Me  ne sono andato, altrimenti mi sa che mi si sarebbe avventata contro... A proposito di aggressioni, il colloquio con la prof? Perché non ti ho vista? Ti volevo salutare... Adesso mi vuoi uccidere?" "Boh. Io c'ero. Però nemmeno io ho visto te. Ma forse è stato meglio!  Matti, la tua pagella è un disastro..." "Lo so. Che ha detto? Che ho di fronte una carriera di zappaterra

Confessioni di una blogger per caso

Per caso, sì: però almeno tento di non farlo a casaccio. Austroungarica come sono, piglio sul serio anche la mia frequentazione della blogosfera: il che non manca di crearmi più di qualche attimo di panico. Tanto per cominciare, il mio ipercriticismo a prescindere: quando si tratta di me stessa, sfioro l’autolesionismo. Quello che faccio non mi va mai bene: i miei piatti fanno sempre schifo, con quel vestito faccio pena, quel che scrivo è sempre candidato al cestino. Seguissi il mio istinto, sarei sempre sulla funzione delete : dallo specchio ai post, non sopravvivrei a me stessa. Ergo, ogni volta che pubblico un post devo uscire di corsa dal mio profilo Blogger, senza rileggere il pezzo un’ultima volta: il che spiega i numerosi mostri che mi escono di tastiera, tra l’altro.   Con un background emotivo del genere, il gettarmi in pasto al web ha il sapore di una sfida: giorno per giorno, vado a spiare le statistiche del mio profilo. Quando scoprirò che non mi si fila più ne

Ci separiamo?

Ogni tanto Jurassico se ne esce con questa domanda: una sorta di gesto rituale a sfondo scaramantico, con il quale risponde al panorama che ci circonda.   Il fatto è che assistiamo impotenti a disfatte matrimoniali sempre più numerose: coppie scoppiate, amori che naufragano fra le carte da bollo, con turbe di avvocati assetati di sangue che si avventano gli uni contro gli altri, mentre truppe di figli affrontano la deriva matrimoniale dei genitori, senza sapere di preciso che ne sarà di loro. E senza che lo sappiano neppure i genitori, talvolta. Separati in casa costretti a una convivenza forzata, perché la separazione è un lusso che non tutti si possono permettere. Situazioni tensive da tagliare col coltello, mentitori seriali che tengono il piede in due staffe, senza parlare di certe paludi matrimoniali, dove i sentimenti sono stagnanti e l’abitudine è l’unico collante rimasto, fra due perfetti estranei. Ormai, siamo ridotti ad osservare con speranza e ammirazione coloro c