Cronaca di un disastro annunciato



Pant, pant, pant.
Sì, lo so, sono tre giorni che manco all’appello: ho avuto talmente da fare da non leggere nemmeno la posta elettronica. Magari in seguito vi dettaglio; ora, però, vorrei parlare del gaglioffo e delle sue deludenti performance.
La coordinatrice di classe, richiesta di darmi un orientamento circa una scuola alternativa, più adatta al nostro, mi ha suggerito di mandarlo all’Agraria: “Almeno lì lo faranno zappare!”
Testuale.
No, non mi sono offesa: la donna è caratterizzata dallo stesso sense of humor che affligge la sottoscritta. E vi garantisco che mio figlio è materiale aureo, per chi abbia voglia di ironizzare.
Pienamente soddisfatto del proprio scarso rendimento, ha nei confronti della scuola lo stesso atteggiamento di un ubriaco alla guida: viaggia, veloce e sicuro di sé, dritto verso lo schianto. E quando lo avvisi del pericolo, minimizza. Sorvola. Celia, il disgraziato.
Non mancano nemmeno i fattori ambientali a complicare le cose: non è un caso isolato, purtroppo. Se lui è abbonato al tre e mezzo, ormai, c’è chi non risale oltre al due. Nelle interrogazioni di gruppo, il rapporto fra chi fa pena e chi se la cava è cinque a uno. Un disastro quasi corale. Quanto all’amatissimo compagno di banco, che viceversa va piuttosto benino, cela anche lui i suoi bravi scheletri nell’armadio.
“Mamma, per favore, in quella classe nessuno è santo. T. si porta di quei fogliazzi durante i compiti… Una volta stava per provocare un disastro!”
“Il prof l’ha sgamato?”
“Peggio. L’ha fiutato. Si è messo ad annusare l’aria, dicendo: - Qui c’è puzza di bruciato…- Nel frattempo, il mio amico (sotto il banco) tentava freneticamente di spegnere il foglietto: gli aveva preso fuoco, appoggiato sul termo!”
Ecco: quelli fanno scuola nei container di plastica, e fra loro c’è chi scherza con il fuoco. E non solo in senso figurato, ahimè.
Di primo acchito,  ho comunicato al vigliacco che l’unica soluzione è un repentino cambio di scuola: avvertita la mia serietà, il ragazzo ha implorato per ottenere una prova d’appello. Due mesi, prima di chiudere definitivamente con l’esperienza liceale.
Al di là delle buone intenzioni, le quali (come nel caso di Pinocchio) si sprecano, far capire a mio figlio che è finito il tempo delle goliardate non sarà cosa facile. Purtuttavia, abbiamo deciso di provarci: approcciando il problema come l’uomo fosse un caso clinico. E in effetti, non è un approccio lontano dalla verità.
Siamo in presenza di un manifesto caso di dipendenza da PC, con calo patologico dell’attenzione dedicata alle attività extra-informatiche, scarsa capacità di concentrazione e atteggiamenti compulsivi nei confronti della macchina infernale.
Come da manuale, il ragazzo ha reagito con un: “Non è vero! Posso smettere quando voglio!”, quando gli abbiamo fatto rilevare il problema.
Io, gelida: “Ah, no? Non ammetti di averne bisogno, fai l’impossibile per aumentare le dosi e più ne hai, più ne vorresti. Negazione, dipendenza, tolleranza. Le basi della tossicodipendenza, per tua informazione.”
Lui, sconvolto: “Accidenti. Sono proprio un drogato…”
Suo padre, accigliato: “Appunto. Da esperto del campo, prescrivo una sospensione dell’utilizzo infrasettimanale del computer. Se durante la settimana farai tutto il tuo dovere, potrai usarlo nel week-end. Quanto agli amici fuori provincia, li potrai sentire per telefono!”
“…”
“Nessuna discussione. A meno che tu non decida di mollare del tutto con la scuola: nel qual caso fra due anni ti ritrovi in catena di montaggio o a raccogliere rifiuti. A te la scelta!”
Ha scelto. E il PC è rimasto spento per giorni e giorni.
Ha riscoperto la lettura, ritrovato il gusto di guardarsi un film, e non si ribella più agli interventi orientati a insegnargli l’arte dell’approfondimento. Anzi. Addirittura, ha chiesto di poter raddoppiare le ore di sostegno di matematica.
Venerdì, è arrivato il primo risultato tangibile: la prof di lettere (quella che lo manderebbe a zappare, per capirci) lo ha interrogato, assieme al piromane e ad altri sei ragazzi, in Storia. Solo lui e il suo compagno di banco se la sono cavata: per il voto (che sta fra il sei e il sette) dovremo attendere un perfezionamento dell’interrogazione, che avverrà in settimana. Ma se si considera che gli altri sei hanno tutti raggiunto (e non superato) quota tre, direi che forse si comincia a ragionare.
E a tale proposito…
“Mamma, hai scritto sul blog del mio successo storico?”
“No, non ho aggiornato il blog in questi giorni. Storico, poi, non esageriamo… ”
“Storico perché era in Storia. E comunque quando lo aggiorni scrivila, ‘sta cosa. Che i miei insuccessi li spargi ai quattro venti: vedi di fare lo stesso quando vado bene!”
“Sono d’accordo. Appena prendo in mano la tastiera, i miei lettori saranno informati dei fatti.”
Non ho idea di quanto i vostri commenti (che gli ho fatto leggere) abbiano inciso sul suo atteggiamento. Ma qui non si butta via niente: nemmeno la propulsione da blog. Qualsiasi cosa possa aiutarmi a motivarlo, è ben accetta. Quindi, gente, a voi: si accettano commenti e ogni tipo di suggerimenti.

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