La famiglia
Devo
dirlo. Sono stanca di sentir magnificare la famiglia come l’unica sorgente
delle meraviglie. L’entità astratta cui inchinarsi, come a una divinità
superiore, sull’altare della quale tutti devono sacrificare aspirazioni,
desideri, speranze e possibilità. L’annientamento della propria personalità, l’azzeramento
della propria volontà, in nome di un non meglio identificato “bene comune”.
Quando
le cose vanno a gonfie vele, stanno tutti a darne il merito alla famiglia.
La
famiglia serena regala serenità ai figli, una famiglia sana produce figli sani,
la famiglia solidale rappresenterà per sempre il porto al quale tornare.
Tutto
ciò è vero. Non è tutto, però.
I
figli non sono creta, un materiale amorfo da plasmare, incapaci di metterci del
proprio in quello che fanno.
Questo
lo dovremmo tenere sempre presente, noi genitori: quando un figlio si comporta bene, non
congratuliamoci troppo con noi stessi.
Non
è merito nostro: è merito suo.
Noi
possiamo aver contribuito a rendergli il compito più facile, se siamo stati
bravi, ma quando una persona ottiene dei successi, è lei ad aver fatto la
fatica per arrivarci. Non chi le stava attorno. Il che vale per tutti, non solo
per i figli.
Una
bella famiglia è la matrice ideale dove crescere un figlio in gamba, che sa
quello che vuole e si adopera per arrivarci. In una famiglia serena un figlio
di buon carattere tirerà fuori il meglio di se stesso senza troppi sforzi. E
dove un figlio con un pessimo carattere creerà problemi, una famiglia unita
saprà farvi fronte e regalargli la possibilità di risolverli e di risollevarsi
dopo le cadute.
In
questo senso la famiglia è una risorsa.
Ma
quante sono le famiglie così efficienti ed efficaci?
Qual
è il destino dei figli dove la famiglia funziona così così? Quando dietro la
facciata di un’apparente serenità si nascondono correnti intossicate di veleno,
i rapporti sono inquinati da rancori inespressi, oppure gridati a pieni
polmoni? Quando l’insoddisfazione si maschera dietro a un sorriso di
convenienza, oppure quando la stabilità della struttura si poggia sull’asservimento
del nucleo alle pretese del più forte? Quando la resilienza del più
intelligente fa da cuscinetto alla prevaricazione del presuntuoso?
Ci
sono famiglie dove la manipolazione sostituisce la discussione costruttiva,
dove manca il confronto, perché c’è chi è convinto di esser sempre dalla parte
della ragione e chi tace sempre, pur sapendo che ciò non è vero.
Quando
il rapporto tra genitori e figli è irrimediabilmente deteriorato da
incomprensione e insofferenza reciproche, che possibilità ha un giovane di
esprimere se stesso?
Eppure,
c’è chi cresce sano e forte anche in situazioni così. Anzi, talvolta diventa
addirittura più forte di chi è cresciuto in un nucleo stile Mulino Bianco.
Se
è vero che alcune sono famiglie da manuale, è altrettanto vero che esistono
famiglie tossiche. Famiglie intrusive, famiglie invadenti, famiglie impositive.
Esistono
genitori autoritari, egoriferiti, incapaci di empatia e assiduamente dediti
alla distruzione dell’autostima dei figli.
Ci
sono persone che per esaltare le proprie – scarse – virtù si dedicano incessantemente
alla demolizione dell’immagine ( e della personalità, ove ci riescano) di chi
li circonda. Ipercritici con gli altri, non sottopongono mai a una revisione il
proprio comportamento.
In
alcune famiglie (e non sono poche, purtroppo), c’è chi è sempre disponibile e
viene sfruttato da tutti; salvo poi essere messo da parte quando non serve più,
come un limone spremuto fino in fondo.
Ci
sono persone che credono negli affetti, persone che si affidano a quelli che
amano, per poi scoprire che per denaro, interesse o invidia c’è chi dimentica persino
i legami di sangue.
Da
simili nidi di vipere, come si può sperare che nasca qualcosa di buono?
Eppure,
succede. Ci sono persone che riescono a trasformare persino queste esperienze
in qualcosa di positivo.
Alcuni,
dopo aver subito il tradimento di consanguinei dei quali si fidavano, ne fanno
una ragione per amare davvero, lo vivono come un esempio da non seguire, un
monito per coltivare i rapporti familiari nella sincerità, il disinteresse, la
generosità.
Non
sempre un’esperienza negativa a livello familiare si traduce nel fallimento
dell’adulto che l’ha subita da bambino.
Dunque,
non venitemi a dire che la famiglia è tutto.
Ciò
che conta davvero, più della famiglia in quanto tale, è l’intelligenza dei
genitori.
La
capacità di crescere i figli mettendo il loro interesse al centro di tutto,
dopo aver superato le proprie difficoltà, ripercorso il proprio vissuto (anche
e soprattutto quello negativo) per non farlo scontare ai figli.
Non
credo all’icona di famiglia tradizionale: credo piuttosto nelle infinite
possibilità dell’intelligenza e dell’empatia, che hanno modo di esprimersi
anche in tutte quelle situazioni che esulano dalla tradizione tanto celebrata
dai bigotti o dai benpensanti.
Per
riuscire ad essere un genitore valido, ognuno di noi ha il diritto e il dovere
di non rinunciare del tutto a se stesso per il bene della famiglia: solo se
saremo adulti risolti e soddisfatti di noi stessi e di ciò che facciamo potremo
trasmettere ai nostri figli un messaggio positivo. Un messaggio credibile e
degno di essere accolto e messo in pratica.
Diversamente,
rischiamo di perpetuare nei nostri figli un destino di insoddisfazione e sofferenza
che, alla lunga, rovinerà le loro vite. Esattamente come avrà fatto con le
nostre.
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