Eccessi amorosi



Sono esaurita. Stamattina ero talmente rintronata da sbattermi la porta della lavanderia sul naso. Essendo la porta di metallo, non è stata la migliore delle esperienze.
Ho un incipiente mal di testa (tenuto a bada a suon di analgesici) e la mia amnesia anterograda sta peggiorando (inizio a fare una cosa, mi distraggo perché ne vedo un’altra e la intraprendo, ripeto di nuovo, di nuovo e di nuovo…. Scordandomi di portarne anche una sola a conclusione).
Ormai la Miss mi ha ribattezzata Dori, la pesciolina di Nemo: mi dice le cose e mezz’ora sono già svaporate dalla mia memoria.
Con i nomi, poi, non ne parliamo… Quelli non riuscivo a ricordarli nemmeno a dieci anni. Adesso si perdono nelle mie circonvoluzioni cerebrali, senza lasciare traccia del proprio passaggio.
Il mio grado di goffaggine ha raggiunto il livello di guardia: poco fa stavo per precipitare dalle scale, inciampando sulla biancheria che avevo buttato giù per metterla in lavatrice. Me ne ero scordata, ovvio: una maglietta di Valentina, offesa per la mia mancanza di considerazione, mi ha afferrato le caviglie. Se voleva attirare la mia attenzione, ci è riuscita.
Me ne rendo conto: sto descrivendo un soggetto con sospetta demenza presenile.
Invece, non è così: sono solo una poveraccia col marito che soffre d’insonnia.
Attenuatosi il problema del ronfo notturno , questo adesso non mi dorme più. Peggio: dorme solo quando non dovrebbe. Alle nove e mezzo della sera giace esanime sul divano, dove resta in catalessi sino a che non mi muovo io, destandolo. A quel punto, attua un trasferimento verso il talamo coniugale in stato di semincoscienza, precipitando di nuovo nel sonno.
La sottoscritta legge una mezz’ora (altrimenti non mi addormento) e poi scivola nel sonno del giusto: un sonno che durerebbe ininterrotto sino alle sette del mattino. Se fosse possibile.
Invece…
All’alba (stamani le cinque, per la cronaca) Tutankamon si risveglia: nel buio della notte mi fa una leggera carezza e mi dichiara il suo amore. Una notifica che, vista l’ora, mi innervosisce anziché lusingarmi: rispondo con un grugnito e mi volto dall’altra parte, sperando in un improbabile riaddormentamento. Lui mima un frullino per un po’, poi la smette di fare il fusillo e scivola fuori dal letto, chiudendo la porta della camera con la cautela di un Ninja. Poi si dedica alla toletta mattutina, producendo più frastuono di un branco di elefanti. Il tutto dura una ventina di minuti: quel tanto da ridestarmi del tutto, farmi alzare la pressione oltre il limite di sicurezza, mandandomi tanta adrenalina in circolo da impedirmi di riaddormentarmi per i successivi due giorni. Altro, che restare a letto a dormire…
La faccenda dura ormai da una quindicina di giorni: sono allo stremo delle forze.
Stamani ne ho abbastanza: mi alzo imbufalita, lo raggiungo in cucina, dove l’infingardo mi saluta con un serafico sorriso: “Che ci fai già in piedi? Ti faccio il caffè?”
“”*§§çç##%&///!?!?$%%%&&&§§!!!!!!”
“Ti ho disturbata…? Strano. La porta l’avevo chiusa…”
Non lo strangolo perché, in fondo, lo amo. In fondo in fondo, però. In superficie non lo sopporto più. Mi sveglia sistematicamente a ore antelucane, centrando sempre il momento in cui sono in fase REM. Da chiedersi se lo faccia apposta.
Dopo colazione, provo a far qualcosa in casa, con i risultati descritti poc’anzi.
Ridotta ai minimi termini, stavolta lo aggredisco: “Tu mi DEVI lasciar dormire! Se non mi lasci in pace stanotte io do i numeri. Sei avvisato!”
Con aria risentita, afferra l’ombrello e si avvia -  sotto una pioggia torrenziale – verso l’ospedale. Arriverà in reparto prima della squadra di pulizia, stamattina.
“Stanotte vado a dormire in camper” mi comunica, asciutto “Così non disturbo nessuno!”
“C’è poco da fare l’offeso. Mi stai ammazzando! Lo sai che la deprivazione del sonno è una tortura? Io ti denuncio per violenza domestica!”
“Io non sono offeso. Solo, stanotte ti sto lontano.”
“Ottima scelta. Ah, non ti sognare di rientrare in casa prima delle sette e mezzo, però. Altrimenti sbatti il portone d’ingresso che pare abbiano chiuso le porte dell’inferno, alzi la tapparella con la foga di un mozzo alle prese con l’albero maestro, poi fai entrare il gatto e me lo spedisci nel letto a pretendere coccole. Domani voglio DORMIRE!!!!”  
“…”
Senza ulteriori commenti, l’uomo esce di scena. L’ho decisamente brutalizzato, me ne rendo conto, ma non sono più in me.
Voglio vedere se davvero stanotte mi lascia in pace, ‘sto molestatore seriale…
Vi terrò informati. Oppure troverete mie notizie alla colonna dei necrologi.

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