Quando vanno tutte storte
Desideravo
discettare un po’ in merito ai commenti al mio post di ieri. Si è acceso un
minidibattito che m’interessa.
Avete
presente, no, quei periodi in cui tutte le rogne (se non addirittura le
disgrazie) si concentrano sulla tua groppa? Quando sei tirato come una corda di
violino, ti senti come se ti avesse rollato uno schiacciasassi, hai la
percezione di aver raggiunto il limite estremo della tua resistenza… e a quel
punto ti piomba addosso la mannaia del destino? Una mannaia che recide preciso
preciso l’unico ramo al quale di aggrappavi per non essere trascinato nel gorgo.
Il quale, appunto, ti cattura.
E’
un po’ come quando si sogna di precipitare nel vuoto: solo che non è un incubo,
ma una drammatica realtà, alla quale non è possibile sottrarsi. Anzi. E'
gentilmente richiesto di sopravvivere, possibilmente facendo da puntello anche
agli altri.
In
questa fase, si diventa un tantino ipersensibili a quello che dice il prossimo:
e si finisce con il prendere male anche una frase innocente. Confesso che è
capitato anche a me, qualche volta.
Nella
fattispecie, il concetto stiamo male, ma in fondo c’è chi sta peggio fa
sentire quello che – appunto – sta
peggio il parafulmine della situazione.
Non
è carino impersonare l’archetipo dello sfigato, in effetti: avendone esperienza
diretta, posso testimoniare che si tratta di un ruolo parecchio scomodo.
In
realtà, nella maggior parte dei casi chi pronuncia la fatidica frase pensa che,
anche se le cose non gli stanno andando per il verso giusto, non ha il diritto
di lamentarsi. Di fronte a chi ha problemi più gravi dei suoi, ha la sensazione
di perdere il “diritto” a sentirsi sfortunato. E’ un modo per dire che, pur
essendo assai presi dai propri problemi, si hanno occhi anche per quelli
altrui.
Il
problema è che chi è nell’occhio del ciclone entra purtroppo in contatto anche
con un altro tipo di personaggi. Una minoranza, grazie al cielo, ma sempre
presente e tutt’altro che discreta.
Individui
che provano una sottile soddisfazione nell’osservare le disgrazie altrui. Soggetti
che per sentirsi belli, bravi, fortunati e importanti sminuiscono gli altri, godono
nel vederli in difficoltà, gongolano quando questi perdono qualcosa cui
tenevano, esultano nel vederli cadere in disgrazia.
Sono
quelli che, di contro, quando le cose vanno bene al prossimo si rodono,
diventando verdi d’invidia: le due facce di una stessa medaglia.
Questi
personaggi si aggirano come avvoltoi attorno a chi sta nei guai: e più tu stai
male, più quelli stringono il cerchio. Non aspettano altro che avventarsi sul
tuo cadavere: che se a uno resta un filo di fiato ha la tentazione di usarlo
per sopprimerli.
In
realtà, la punizione peggiore per questa gente è dimostrargli che sei in grado
di rialzarti.
Se
risorgi dalle tue ceneri e ti ricostruisci una vita, rimontando la tua felicità
pezzo per pezzo, li vedrai ammutolire, infastidirsi, e infine arrabbiarsi sul
serio.
Tutto
sommato, persone così vanno ignorate in tutte le situazioni: meno si entra in
contatto con loro, meno li si mette in condizioni di diffondere il loro veleno.
Vale
viceversa la pena di approfittare di queste congiunture particolarmente
negative, dei momenti di crisi generale, per cercare di creare una rete di
solidarietà reciproca. Dove le istituzioni mancano e il volontariato non è
sufficiente a sopperire a tale vacanza, subentrano
le relazioni umane, il supporto fra parenti, amici, vicini. Per superare un
momento come questo, penso che ci dobbiamo dare una mano l’uno con l’altro,
ognuno come può e riesce. Se ci chiudiamo in casa a piangerci addosso, concentrandoci
solo sulla nostra situazione, non se ne uscirà mai.
Voi
come la pensate al riguardo?
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