A mio figlio
Ventitre
anni oggi, il nostro filosofo.
Qualche
volta ci penso: è strano aver cresciuto un figlio, senza sapere nulla del
giorno in cui è nato. Averlo accompagnato passo passo nella vita, senza avergli
stretto la mano durante i suoi primi passi. Averlo seguito, sorretto, corretto
e reso autonomo, senza averlo stretto forte da piccino. Averlo fortissimamente
voluto come figlio, senza esser stata tu colei che ha voluto farlo venire al
mondo.
Quanta
strada abbiamo percorso assieme, dal giorno in cui mi ha scelta: “Se non è sposata,
questa la prendiamo!”
Quanta
acqua è passata sotto i ponti, da quando mi provocava: “La mamma è brutta…”,
per poi scappare via, veloce come un furetto.
Quanto
tempo è passato, da quando lo inseguivo per le scale, mentre strillava: “Aiuto!
E’ pazza… La mamma è Crudelia De Mon!!!”
Sono
stati anni di attesa paziente, di fatica immane, di amore disperato (quante
lacrime ho asciugato, e quante ne ho versate...) e di speranza irriducibile.
L’ho
guardato riacquistare lentamente il sorriso, costruirsi una sicurezza
interiore, acquistare forza e lavorare per migliorarsi. Riuscendo a diventare un’ottima
persona, un vero galantuomo.
Merce
rara, di questi tempi.
L’ho
osservato in disparte quando era felice, accorrendo al suo fianco nei momenti
più bui.
Ho
cercato di non mancare mai, quando aveva bisogno di me: e la mia gioia più
grande è vedere quanto poco gli servo ora che è cresciuto, il mio filosofo. Di
età e, soprattutto, di testa e di cuore.
Un
filosofo tra poco ingegnere, che ha smesso di pensare al suo futuro per
iniziare a progettarlo sul serio. Un ragazzo che sa quello che vuole (il che
non è cosa da poco) ma, soprattutto, sa quello che non vuole. Un ragazzo che ha
il coraggio di mettersi in gioco fino in fondo, puntando tutto su se stesso e
sulle sue capacità.
Un
ragazzo che ha imparato a perdere, e che per questo vincerà, nella vita.
Ne
sono certa.
Buon
compleanno, Andrea. Sono orgogliosa di te.
La
tua mamma
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