Tutto quello che avresti voluto sapere sulla maternità..
…
ma che nessuno si è mai degnato di dirti.
Quando
ti fissano innamorati dalla culla, sgambettando come ciclisti in volata, quel
frugoletto è il centro dell’universo. E sentirsi il centro del suo dà un senso
alla tua vita. Peccato che, appena il suddetto frugoletto è grande abbastanza
da mettersi le dita nel naso, tu già inizi a stargli stretta. Per diventare
decisamente troppa dagli undici anni in su.
Una
a quel punto entra in crisi: “Perché mai gli sarò diventata antipatica
d’improvviso?” si domanda, facendosi mille esami di coscienza.
Poiché tutt’attorno
è pieno di supermamme brave, soddisfatte e felici, con figli magnifici, bravi e
belli, non ti arrischi nemmeno a chiedere qualche parere in giro. Ti
acquatti nel tuo angolo, e soffri in silenzio.
In
silenzio, insomma: non sempre. Qualche volta hanno il potere di farti uscire
dai gangheri, quei malfattori, facendoti raggiungere livelli di aplomb degni di
una baccante.
Comunque
sia, volendo mantenere un minimo di contatto umano con la prole adolescente,
una si deve abbandonare ai più complessi equilibrismi: il confine che separa la
comprensione dalla condiscendenza, la complicità dalla connivenza, l’istinto di
protezione dalla iperprotettività è via via più labile.
Mano
a mano che crescono, mantenere lucidità e obiettività di giudizio è sempre più
complicato: specie se complicate sono le situazioni in cui si cacciano.
E
il tuo senso di inadeguatezza (quando non addirittura di inutilità) cresce con
loro. Che goduria, ragazze mie.
Non
te lo dicono: ogni figlio è fatto a modo suo. Ne puoi crescere anche una
dozzina: è l’unico campo in cui l’esperienza conta poco, spesso punto.
Le
misure di emergenza efficaci con il primo sono controproducenti con il
secondo, ininfluenti col terzo e col quarto non le testi nemmeno. Sbagliando,
ovvio: per lui, sarebbero state addirittura una mano santa.
Tu
credi che la strada, dopo poppate, ruttini e pannolini, sarà in discesa: o,
quantomeno, in piano.
Invece…
Invece,
in seguito le notti insonni saranno molte, molte di più: ore e ore sprecate a
rigirati nel tuo letto, nella vana speranza che la notte porti consiglio. Per
scoprire che, tutt’al più, ti regala un
gran mal di capo.
Non
te lo dicono: a volte i genitori sono inutili. Ti fanno una testa così
sull’importanza del tuo ruolo, ti illudono che se farai del tuo meglio,
seguendoli, ascoltandoli, parlandoci e offrendo loro esempi virtuosi e
coerenti, quelli verranno su bene.
E
invece, un giorno te li ritroverai davanti a un bivio: da un lato, il disastro;
dall’altro, la catastrofe. Ciliegina sulla torta, a te non sarà data la
possibilità di intervenire: non ti ascolterebbero.
In
più, la terza via non sarà contemplata: una via non dico giusta, ma almeno
pervia. Zero totale.
Dovrai
lasciare che tuo figlio si schianti, senza poter muovere nemmeno un dito per
fermarlo. Unica speranza, che il danno sia limitato e, soprattutto, riparabile.
Non
te lo dicono: quando speravi che il tuo ruolo fosse ormai concluso, è lì che i
genitori tornano ad essere utili. Indispensabili, talvolta.
Quando
quello che hanno rotto, le opportunità che hanno perduto, le strade sbagliate
che hanno percorso non prevedono rimedio, sei tu che non ti devi abbattere.
A
quello ci pensano loro: la crisi di autostima è sempre dietro l’angolo.
Così
tu, che già di tuo potresti mettere un annuncio sul giornale (AAA: Autostima Cercasi), sei costretta ad
aiutarli a ritrovare la loro.
Quando
i figli ti guardano con quella faccia lì (la faccia da battery low) devi trovare
il modo di ricaricarli. Anche se tu, nel tuo piccolo, sei arrivata a cercare
sulle Pagine Gialle il nome di un spacciatore di coca; forse una pista, giusto per rimettersi in pista...
Non
te lo dicono: mille volte ti ripeterai “Ma chi me l’ha fatto fare…”, diecimila
volte ti sentirai sfinita, sconfitta, inadeguata e inguaribile perdente.
Eppure...
Se
riesci a non mollare, se riesci a sostenerli nonostante tutto, se hai il
coraggio di giocarti per loro il tutto
per tutto, funziona.
Alla
fine ce la fanno. E gli si accende una luce speciale negli occhi.
Una
luce fatta di orgoglio e gratitudine nascosta, quasi imbarazzata: una luce
nella quale brilla anche un po’ di tutta l’energia spesa da te, per arrivare fino a lì.
Quando
vedi quella luce, dimentichi tutto
quello che ci è voluto per arrivarci. E non te lo chiedi più, chi te l’ha fatto
fare: ora lo sai, perché l’hai fatto. Così come sai che ne valeva davvero la pena.
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