Quanto sto bene a casa mia


Si fa per dire: in realtà, loro vanno oltre. I miei figli, intendo: vanno oltre le mie capacità di comprensione.
In un impeto di buona volontà improvvisa – situazione tanto lodevole quanto sporadica – il gaglioffo decide di ripulire la porta della sua camera da letto. Coperta da un fitto tappeto di foto, poster e cartelli minacciosi contro le violazioni della sua privacy, accumulatosi negli anni, dubitavo sarebbe tornata al suo candore originario.
In realtà, il nostro è riuscito nel suo intento: ha fatto sparire ogni traccia dell’infame collezione, per lasciare spazio a… un cratere.
Già, un cratere: qualcuno – non è dato sapere né chi né quando – è riuscito a colpire la porta con tale violenza da sfondarla in un punto. L’avvallamento è tanto profondo da escludere a priori  la possibilità di mascherarlo con una passata di vernice: lì andrà impiallacciata di nuovo.
Come riescano ad essere tanto distruttivi mi sfugge: analogo danno, a suo tempo, fu provocato dal filosofo su di un’anta d’armadio. Due volte: una in camera mia (danno riparato), una in camera di sua sorella (danno mascherato da una cartolina in sovrimpressione).
I sospetti si addensano su di lui, ma non esistono prove: tanto per cambiare. Loro sfasciano, noi ripariamo. Da notare che denunciano mai i danni che provocano: o affermano di non essersene accorti (difetto di propriocezione…?) o sono colti da amnesia. Talvolta le loro omissioni sono talmente clamorose da far pensare a un caso di manipolazione della memoria.
Sempre a proposito di memoria, pare che soffrano di gravi lacune anche quando devono fare qualcosa: è di ventiquattro ore fa l’episodio dell’informatico che scopre di aver tutte – dico tutte – le sue polo da lavare. Il ricordo del bucato da fare non l’ha nemmeno sfiorato, nel fine settimana: così, eccolo imbastire una lavatrice dopo cena, per poi azionare l’asciugatrice a notte fonda. Ottima manovra per esser certi di non sfruttare nemmeno un watt prodotto dall nostro ipertrofico impianto fotovoltaico: per tacere dell’assurdità di utilizzare l’essiccatore con una media di oltre trenta gradi, durante il giorno.
Non li ho ancora ammazzati – la galera mi spaventa, lo ammetto - ma qualche volta accarezzo il progetto di semplificarmi l’esistenza, fuggendo senza lasciare traccia, per rifugiarmi in una casa tutta mia.
Sarebbe bello poter riprovare la gioia di trovare sempre il dentifricio nel bicchiere, la mattina; di poter contare sulla presenza degli oggetti che mi servono, quando ne ho bisogno;  di poter avere sempre il controllo del mio tempo, invece di essere costretta a dilapidare ore intere a correre dietro alle cose che quei quattro hanno disperso, spostato, occultato, distrutto. O a porre rimedio ai guai che combinano, con le loro omissioni e dimenticanze calcolate.
Che vita, ragazzi, che vita…

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