Milanesi in trasferta e i soliti noti colpiscono ancora
SteyM
è stata dei nostri, nel fine settimana.
Arrivare
a tanto è stata un’impresa, ma da brave donne forti abbiamo superato ogni
ostacolo, guadagnando due giorni tutti per noi. Evviva.
A
tal proposito, è singolare come, quando una donna sale sull’auto per andare a
trovare un’amica, il mondo intero resti perplesso. Che una madre di famiglia si
prenda del tempo per sé è considerata, se ci va bene, un’incomprensibile
bizzarria.
Per
come la penso io, invece, dovrebbe essere un’abitudine sancita per legge: periodiche
quote rosa di respiro, utili alla mamma per rifiatare e alla famiglia per rendersi
conto di quanto conti (e di quanto faccia…) la suddetta genitrice. Ora che ci penso, è ora che ne organizzi una
anch’io.
Comunque
sia, la nostra è approdata nella Marca, trovando ad attenderla una Mpc carica
come una molla. Supportata dagli impagabili Davide e Renata, ho potuto
accompagnarla un vernissage, di scena in
un palazzo storico di una città d’arte dei dintorni. Evento al quale non ci
hanno solo invitate, ma anche accompagnate: su Jurassico, prigioniero in ospedale,
non si poteva fare conto. Anzi, ho dovuto lasciargli l’auto, per permettergli
di raggiungerci in un secondo momento.
La
mostra (Umoristi a Marostica) era
interessante e divertente, le letture molto carine, l’abbuffet delizioso. Fin
troppo, per mia disgrazia. Dopo aver seguito ordinatamente la fila, essermi generosamente
servita di ghiotti stuzzichini, evitando di prendere da bere (troppo
pericoloso, gestire piatto e bicchiere assieme…) sono giunta al cospetto di una
deliziosa torta salata. Con mossa elegante, ne ho presa una fettina, cercando
di farla scivolare nel mio piatto: obiettivo fallito. L’ho spedita sulla
tovaglia, centrando giusto il punto di giunzione tra le due tavole: la fetta si
è inabissata, finendo a spiaccicarsi per terra, aprendosi stile granata. Ho
sporcato una porzione di pavimento di un metro quadro di diametro. La sala era
gremita di stranieri, artisti e bella gente: e io mi metto a usare le torte
come esplosivo. Roba da suicidio in diretta.
L’episodio,
ovvio, ha scatenato le risate della combriccola, seduta al centro della sala a
formare un cerchio magico che mi ha massacrata. Dopo nemmeno cinque minuti, il
destino mi ha vendicata: Davide, con un improvvido colpo di polso, è riuscito a
farsi la doccia col prosecco. Calzoni, borsello, pavimento: nulla è stato
risparmiato dalla sventagliata di perlage.
“Se
mi ferma la stradale, non devo nemmeno soffiare nel palloncino: mi fiutano e mi
arrestano subito!” è stato il suo commento. Entro mezz’ora, la sua bambina
aveva dato un calcio a un altro bicchiere, creando l’ennesimo lago, mentre il
terzo cadeva vittima della decisione di Renata di tenerlo tra le ginocchia. E’
durato due minuti. E’ più il vino che abbiamo versato a terra di quello che
abbiamo bevuto: anche se, data la maestria nei movimenti, non si sarebbe mai detto.
Al
suo arrivo, Jurassico ci ha trovati paonazzi dalle risate e puzzolenti di vino:
è rimasto convinto che fossimo sbronzi fino a che non ha interrogato me e
Stefy, durante il viaggio di ritorno: “Ma quanto avevate bevuto?!”
Non
so come, siamo riuscite a convincerlo che, nonostante le apparenze, eravamo
tutti perfettamente sobri.
Tanto
sobri che, appena l’ho visto apparire sulla soglia, sono scattata in piedi,
correndo a procurarmi qualcosa da mangiare anche per lui: ormai eravamo passati
come locuste, lasciando giusto qualche fettina di dolce. Temevo sarebbe rimasto
senza cena.
Per
fortuna, qualche avanzo era nascosto in cucina: da dove gli organizzatori
(gentilissimi) l’hanno estratto, servendo un’estemporanea cena al nostro dottore
turnista. Preso da entusiasmo per la pasta e fagioli, Jurassico ha preteso di
conoscere la cuoca: alla quale ha stretto la mano, chiedendole la ricetta di
tale paradisiaco piatto. La signora avrà creduto che lo faccia vivere di
minestroni Findus…
Ma
se la cena era in effetti ottima, non
altrettanto si può dire dell’umore del dott: aveva un muso lungo così. L’idea
che Valentina sarebbe stata raggiunta, in nostra assenza, dal suo ragazzo (in
una casa, peraltro, infestata di fratelli e di amici degli stessi) gli ha
rovinato la serata. Nonostante le circostanze non fossero tali da mettere in
pericolo la virtù della sua Miss, Turiddu era in crisi comunque: è sufficiente il
pensiero.
Così,
mentre il nostro si rodeva all’idea della figlia nelle mani di un maschio
assatanato, non si accorgeva che la moglie, in gran spolvero per l’occasione,
diventava oggetto dell’attenzione di uno dei signori presenti, oltremodo felice
di fare la sua conoscenza. La cosa buffa è che già eravamo stati presentati,
due anni fa. Solo che nell’occasione precedente, non sapendo quale fosse la
natura dell’evento, ero arrivata vestita come Maga Magò: un paio di jeans
sdruciti e un anonimo maglioncino facevano un effetto ben diverso rispetto all’abitino
drappeggiato, con tacco dodici d’ordinanza, indossato ieri sera.
Osservando
l’amico che mi fissava come fossi un babà (una
così me la ricorderei, diceva la sua faccia incredula, mentre lo informavo che
ci conoscevamo già) me ne sono resa conto: l’abito, ahimè, fa proprio il
monaco. Osservando poi la faccia di mio marito, quando, ridendo con le mie
amiche, l’ho rimproverato per la sua distrazione nei miei confronti, ho capito anche un'altra cosa: o la prossima volta mi vesto da monaca, o Jurassico esce con la
lupara. Due Valentine assieme sono troppe da sorvegliare: l’uomo sta per passare
alle maniere forti. Me lo sento.
Commenti
Posta un commento