Camaleontica
Tre
giorni senza connettermi: non ho consultato nemmeno la posta elettronica. Full
immersion in un sacco di situazioni differenti, in ognuna delle quali recitavo
una parte diversa.
Venerdì
pomeriggio, ho accompagnato un Jurassico conferenziere in veste di consorte amorevole
e invisibile: mescolata alla folla, mi sono goduta la sua performance.
L’uomo
(permettetemi uno scatto d’orgoglio) è un grande oratore: alle sue conferenze
la gente si spella le mani, anche se gli argomenti che tratta tutto sono,
fuorché allegri.
Ero
tanto entusiasta, al nostro rientro, da far dichiarare al filosofo che alla
prossima verrà anche lui. Vuole proprio sentirlo, questo papà capace di arringare
le folle.
Venerdì
sera, cena “ufficiale”: e qui ho dovuto travestirmi da signora bon ton. Devo
esserci riuscita, perché in più d’uno dei presenti si è complimentato per la
mia splendida forma: miracoli dei vestiti morbidi. Ultimamente ho passato ogni
precedente limite ponderale, facendo scattare l’allarme rosso. Se non smette di
piovere, tenendomi giù dalla bici, qui mi tocca mettere il lucchetto al frigo,
e buttare via la chiave: sono troppo debole di fronte alle tentazioni. Quanto
alla testa, per tenere fermi i ciuffi ribelli ho consumato mezzo flacone di
lacca: li ho paralizzati, bloccandone le terminazioni motorie. Sembravano un po’
botulinizzati, ma almeno non sparavano in tutte le direzioni.
Durante
l’educata conversazione attorno a un tavolo, ho fatto una scoperta: le signore
che parlano alle piante esistono davvero. Ci parlano e le accarezzano, pure: abitudine
che, pare, ne migliora l’aspetto e lo stato di salute. Trattano i loro ficus
meglio di come io tratti i miei figli: mi sono sentita piccola così. Confesso
che non ho mai trovato argomenti adatti alla flora di Casa per Caso. Anzi: ho
verificato che, se la ignoro, cresce più rigogliosa. Si vede che non sono
simpatica ai vegetali: dovrò farmene una ragione.
Sabato,
invece, è stato il Monster Day: forse influenzata dalle floricultrici della
sera precedente, ho deciso di dedicarmi al giardinaggio. Vestita e pettinata
come uno spaventapasseri, ai piedi un paio di improbabili infradito fucsia, ho
estirpato erbacce, rastrellato le foglie, sarchiato il terreno e buttato via un
intero bagagliaio di pattume, accumulato durante il lungo inverno. Una
cenerentola indaffarata almeno quanto stagionata. Il risultato mi ha
soddisfatta, ma i miei muscoli gridano vendetta da quarantotto ore: spero di
non schiantare, oggi, in piscina.
Infine,
domenica ho sfidato l’umidità pesante, quasi concreta, che gravava sulla
castellana per andare a far due passi con un’amica single. Ogni volta che la
vedo, torno single per qualche ora: e mi aggiorno sulle ultime novità su quel
fronte.
A
sentire le (numerose) voci delle signore, pare che non ci si debba più difendere dagli
attacchi maschili. Quello che preoccupa sono gli attacchi di panico, maschili.
Indecisi
a tutto, funzionano come la risacca: avanzano con grande rapidità quando l’onda
rompe sulla spiaggia, salvo indietreggiare un attimo dopo con la medesima velocità.
Un
andirivieni che non porta da nessuna parte: salvo, in genere, all’esaurimento
della pazienza dell’interessata, la
quale, stanca di questa specie di altalena, se la fila. E qui scatta la tragedia:
dopo aver tentennato persino di fronte alla scelta del ristorante per la cena,
si disperano di aver perso l’amore della loro vita.
Da
dove arriverà questa paura di mettersi in gioco? Gli uomini hanno perso
competitività, oppure la crisi ha investito anche l’intraprendenza maschile?
La
cosa mi dà da pensare.
Opinioni,
in proposito? Perché a me le chiedono, però non so che rispondere. Sono
perplessa.
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