Terriccio, concime e versamenti all'erario
Ci
sono attività in grado di deprimermi: una di queste è il giardinaggio. Anzi, la
cura annuale delle piante da appartamento. Già vi ho descritto le mie non
comuni capacità di sterminio del verde di casa: da un paio d’anni ho scoperto
che, tenendo le piante al piano superiore e disinteressandomene, salvo loro la vita.
Anzi,
crescono rigogliose come non mai: magari sono confinate in una parte della casa
dove nessuno le può vedere, però stanno diventando splendide. Credo sia una
questione legata all’esposizione alla luce giusta: comunque sia, è giunta l’ora di cambiare loro i vasi, pena
la morte, stavolta per soffocamento.
Quando
sono costretta a passare una mattinata a occuparmi di cose simili, a ripulire
il giardino e le terrazze per la stagione primaverile, insomma, quando mi
sembra di esser la tipica casalinga anni Cinquanta, scivolo in uno stato di
abbrutimento raro.
Colta
da sacro furore, inizio le operazioni appena alzata, giusto dopo colazione: a
metà mattina, circolo ancora in vestaglia, struccata e da lavare. Un cencio
umano, con i guanti da lavoro e la scopa di saggina tra le mani: una strega,
insomma.
Questa
settimana, oltre alle suddette seccature di cui occuparmi, devo gestire anche
la malattia del gaglioffo, sempre più bolso e febbricitante, e raccogliere i
pezzi di Jurassico, che oggi finisce un turno di lavoro ininterrotto durato
tredici giorni.
Tanto
per risollevarmi il morale, la telefonata del commercialista di Ziapercaso, che
mi ha preparato i moduli per i versamenti del suo ravvedimento operoso. Lei si
ravvede (si era persa qualche balzello per strada…), io galoppo.
Se
penso ai miei anni verdi, trascorsi piegata sui libri a mandare a memoria
migliaia di formule, per finire ridotta in questo modo, mi sento davvero una
donna sprecata.
Poi
mi telefona il marito, chiedendomi se oggi pomeriggio ho tempo per lui: esce di
galera, e vorrebbe stare un po’ con la sua mogliettina. Quando sente che non mi
sono presa alcun impegno, non nasconde il suo entusiasmo, mandandomi in solluchero.
Poi
c’è la Miss, che risponde a una domanda siffatta: “Ma se avete problemi, anche
di natura personale, a chi vi rivolgete?”
“Ma
alla mamma, è ovvio! A chi sennò? La mamma c’è sempre, per me…”
E
poi me lo viene anche a riferire, scandalizzandosi all’idea che per qualcuno le
cose possano stare diversamente.
Insomma,
non è proprio così nera. Forse a qualcosa servo anch’io, dopotutto: anche se,
allo stato, non produco reddito e le mie priorità sono diventate terriccio,
concime e versamenti all’erario.
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