Esaurita
Ragazzi,
questo fine settimana ho lavorato come un mulo. Camper, casa e figli mi hanno
letteralmente prosciugata.
Sono
riuscita a sfornare quaranta focaccine completamente sbagliate (dimenticato il
lievito…), con le quali avrei potuto sterminare l’intera famiglia. Per
lapidazione: più che dei dolcetti, dei monoliti.
Da notare che, nonostante l'aspetto coriaceo, la consistenza marmorea e l'evidente cottura insufficiente, quei gremlins dei miei familiari sono riusciti a divorarne tre, prima che li eliminassi dalla circolazione.
"Di gusto non erano male..." è stato il commento dei tritatutto "perché li hai buttati???"
Non so proprio come sopravvivano alle scelte alimentari che compiono, i miei congiunti: se non li marcassi stretti, quelli si nutrirebbero di roba non commestibile, muffita o scaduta. Nulla li scoraggia, se hanno fame.
Con simili premesse, meglio sarebbe stato isolarmi in un luogo sicuro, neutralizzando le mie capacità distruttive: invece, il marito si è scoperto di umore conviviale. Alle tre e mezzo, chiama una coppia di amici e li invita per cena: location, la Stamberga. Da quando il centro commerciale
tiene aperto anche la domenica, mi posso procacciare pesce sette giorni su
sette: e l’amato bene ne approfitta.
Con il mio entusiastico consenso, tra parentesi: nonostante le mie deluenti performance culinarie della mattinata suggerissero prudenza.
Nei periodi come questo, funestati da tensioni e oscurati dalle preoccupazioni, mi sbizzarrisco in cucina: realizzare qualcosa di positivo ai fornelli mi tira su di morale.
In
meno di due ore, ho messo assieme una cena niente male: il che, dunque, avrebbe persino
potuto regalarmi una botta di autostima.
Peccato
che, giunto il momento del caffè, mi sia nuovamente distinta per le mie grandi
capacità. Distruttive.
Con
un guizzo repentino, ho fatto volare il vassoio che reggevo: rovesciando il
contenuto della mia tazzina dentro la zuccheriera, mancando la mia ospite solo
per un pelo.
Sono insuperabile nella mia goffaggine, devo
ammetterlo: imbranata come me non c’è nessuno.
E
così, anche la botta di autostima è finita nel pattume. Umido.
Intanto,
su tutti gli altri fronti, rimango in attesa di eventi: il gaglioffo sostiene
compiti a ripetizione, non ne completa nemmeno uno, e io non so ancora se sia
il caso di gettare la spugna o di insistere nel tentativo di risollevarlo. Qualche
sei arriva, in effetti, nelle interrogazioni orali: mi aggrappo a quelli, e
frano con tutto il resto. La mia distrazione, complice il pensiero fisso degli
studi dei mie figli, sta assumendo proporzioni catastrofiche.
Alla
luce di tutto questo, ho deciso: io scappo. Per qualche giorno, ma scappo:
seguo mio marito, congressista in quel di Firenze. Ho bisogno di una vacanza
mentale, davvero: altrimenti, qui finisco in cronaca nera. Sono alla frutta. E non vorrei passare ai superalcolici, se mi riesce!
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