Noi, donne welfare
Parliamone.
Prendiamo
un caso tipico: Casa per Caso.
Da
bravi genitori turnisti, mancavamo spesso nei momenti topici: pur avendo speso
l’equivalente di un paio di SUV fra asili nido e scuole a tempo pieno, eravamo
perennemente in alta emergenza. Natale, Pasqua e Carnevale erano periodi di
lutto, per me. Ogni turno, un delirio. Le vacanze estive erano un supplizio,
oltreché un salasso: i centri estivi costano più delle spa. Inoltre, non fanno
gli sconti comitiva: chi dice che un figlio è un lusso, dovrebbe provare a
crescerne quattro. Roba da tentare il suicidio in diretta a ogni linea di
febbre.
Senza
baby-sitter ultraelastiche e nonni di emergenza non sarei sopravvissuta.
Già,
perché anche volendosi dividere i compiti, far tutto da soli è impossibile.
Inoltre,
quando si tratta di emergenze, è inevitabile scatti la formula: “Amore, io
lavoro. Vedi tu di organizzare per i bimbi…”
Loro
(gli uomini) se la cavano così, per noi donne è il panico.
Chissà
perché, quando ci sono problemi in vista, sono sempre le mamme a doverli
risolvere.
Nel
mio caso, ci vedevo anche una ratio: se mio marito sta rianimando un paziente,
lo capisco che non può passare all’asilo a prendere il pupo. Nemmeno se la sua
faccia ha appena fatto stretta conoscenza con un gradino di cemento.
Ergo,
il triplo carpiato l’ho sempre fatto io.
Ora,
però, mi trovo di fronte a un dilemma: come mai a mio marito è capitato di
sostituire la collega, che doveva correre a scuola a raccattare il pupo incidentato?
La
collega non fa il medico ospedaliero, che quando è in reparto è come se fosse
in trincea? ER va forse in onda solo a Casa per Caso?
A
quanto pare, il sistema è unidirezionale: la moglie medico non può
contare sulla collaborazione del marito non medico.
A
dimostrare che non è il mestiere che fai, a fare la differenza, ma il genere al
quale appartieni. Se sei donna, sei fregata. Come lavoratrice e come genitore:
perdi su tutta la linea.
Lavori
il doppio, spesso ti pagano meno, e ti odiano se parli di figli.
La
parola d’ordine è far finta di non averli, sul lavoro: altrimenti, ti classificano
subito come palla al piede.
Peccato
che non ci sia l’ombra di una struttura a darci una mano, nel reggere tutto il
carico che ci pesa sulle spalle. Ho visto nascere il ministero per la famiglia,
pagato tasse per mantenere quello per le politiche sociali, le pari
opportunità, il welfare e sa Iddio che altri. Mentre io morivo di fatica, detto
per inciso: di politiche efficaci per la famiglia ne ho viste assai poche.
Viceversa,
sto sperimentando a rotazione i drammi legati a ogni età della vita.
Mi
sono gestita il funzionamento a singhiozzo della scuola, colmando di volta in
volta le lacune di maestri e professori inetti, o di figli lavativi che però a
scuola non la scontavano mai. Adelante, Pedro! Che ce li leviamo dai piedi.
Più
che una vita, un susseguirsi di giochi di ruolo, la mia: domatore, carceriere,
maestro Yoda e, ora, assistente sociale. Passando per insegnante arcigna e terapista
di emergenza. I figli si ammalano sempre di festa, preferibilmente quando babbo
è di guardia.
Per
mia (e loro) fortuna, avevo le competenze necessarie a curarli. Ma so che tutte
le mamme, in breve tempo, acquisiscono la capacità di curare i loro pargoli.
Noi
donne ci dobbiamo davvero ingegnare a far tutto.
Con
ciò non voglio dire che tutti i padri siano latitanti: ma quelli che collaborano
molto sono una rarità.
La
farmacia è un buon punto di osservazione del fenomeno: come lo sono i corridoi
delle scuole, l’anticamera degli ambulatori, le corsie dei supermercati.
La
presenza femminile, in tali contesti, è decisamente preponderante.
Per
non parlare di anziani, poi: potrei scrivere un libro pure su questo.
Anche
in questo campo, i soloni si sprecano: quando c’è una persona per la quale
organizzare l’assistenza, tutti hanno soluzioni migliori di quella prospettata
da te.
Soluzioni
posticce, che non discutono con te, impegnata nel frattempo a fare la badante:
no. Le prospettano all’interessata: illudendola che potrà tornare a vivere in
casa sua, o assieme alla sorella, acciaccata quanto lei, in un appartamento al
terzo piano. Sai che vista, da lassù…
Poi
tu fai la domandina facile facile: “Te ne occupi tu, allora, quando si
inabilita completamente? Perché io non lo posso PIU’ fare…”
A
quel punto, rinculano come obici. Disilludendo la poverina, che poi se la
prende inevitabilmente con me.
Applausi
a scena aperta.
Sembra
di vedere quelli che quasi mi mandavano il bambino al Creatore, perché gli
davano i dolci che mamma cattiva gli negava. Peccato fosse allergico, e quella
roba fosse per lui più pericolosa dei fili dell’alta tensione. Se questi sono i
buoni, mandatemi quelli cattivi, per favore: almeno quelli li so combattere.
Tutto
ciò per dire che non è giusto. Non è giusto che tutto ricada sulle spalle delle
donne. Non è giusto che si debbano aspettare mesi per avere un posto in una
struttura organizzata, sia essa per neonati o per anziani, non è giusto che la
famiglia faccia le veci di uno Stato che ci massacra di tasse e balzelli, per
poi lasciarci abbandonati a noi stessi, quando abbiamo bisogno di aiuto.
Se
avessi tempo, giuro che mi metterei a far politica!
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