Facciamoci riconoscere
I miei livelli d’inettitudine stanno raggiungendo
quote preoccupanti.
Rompo un bicchiere nel lavandino, con modalità che
tutt’ora mi sfuggono. Lo recupero con ogni precauzione, smaltendolo all’istante
nel relativo bidone: solo che, proprio in quel mentre, vedo sfrecciare
Corradino, il quale s’inoltra, furtivo, nel giardino dei vicini. Tanto basta
per distrarmi: e far sì che l’ultimo dei vetri che ho in mano mi scivoli fra le
dita, affettandomi un polpastrello. Solito scenario pulp, con la sottoscritta
che raggiunge il bagno, sanguinando, alla disperata ricerca di cerotti e
medicazioni varie.
Per fortuna, i Gremlins non sanno usare i punti
adesivi – o forse non ne conoscono nemmeno l’esistenza – così di quelli ne
trovo un paio di confezioni, stagnando l’emorragia. Di volgari cerotti,
viceversa, resta un unico esemplare superstite: un cerotto a farfalla, di
quelli fatti apposta per le dita. Scampato alla furia distruttiva dei miei
rampolli, forse proprio per la sua forma difficilmente interpretabile. Delle
due scatolette acquistate da me poco tempo fa non rimane traccia alcuna.
La
domanda è: che fanno? Li mangiano? Capisco quando erano piccoli e si
sbucciavano le ginocchia giocando in giardino, ma ora, accidenti, come fanno a
finire sempre tutto il materiale da medicazione? E, soprattutto, perché lo devo
sempre scoprire quando ne ho urgente bisogno?
Quesiti, ahimè, destinati a restare senza risposta.
Segno l’ennesimo ammanco da colmare, preparandomi per
andare in piscina.
Un luogo dove già qualche giorno fa ho fatto
arrabbiare la Miss, perché sono riuscita a raccogliere una mezza porzione di
salsa rosa sfogliando il giornale, per poi trasferirla sulle sue gambe,
voltando pagina. Mia figlia sostiene che non mi si può portare in giro senza
sorveglianza.
E ha ragione.
Ieri pomeriggio, sempre in piscina, mi avvio verso la
doccia, passando accanto al tavolo dei bagnini. Ivi, è stivata una pila di
posacenere: che centro con un colpo secco e preciso della mano, scagliandoli a
terra. Due morti, e una figura da dimenticare a mio carico.
Non è possibile: sin da quando ero bambina, mi
chiamavano Olivia. Ma nemmeno dopo quarant’anni, accidenti a me, ho ancora
imparato a muovermi in modo meno impacciato?
Temo non ci sia speranza. Almeno, i miei familiari ormai l'hanno persa: incluso Jurassico che mi ama, e dunque mi segue. Cercando di contenere i miei effetti nefasti.
Che disastro di donna, ragazzi...
Un caro saluto a tutti: chiudo la connessione, e vado. Fra un'oretta partiamo.
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