Frustrazioni primaverili
Bella la primavera. Bello andare in bici, fregandosene di stop, semafori, divieti di transito e code interminabili, tra venefiche nubi di gas di scarico.
Con un astuto saliscendi dalla sella, mi trasformo in pedone sulle zebre e mezzo a due ruote sulle piste ciclabili, scansando ogni intoppo, per finire il mio percorso come massaia stracarica di pacchi. Una donna multiforme.
Sole, aria, libertà… e automobili che cercano d’imbarcarti sul cofano, quando esci dal posteggio del super. Tu sei tutta bella accostata sulla destra, ma poiché non hai due fanali così, non si accorgono nemmeno della tua presenza: e passano sopra la tua corsia. Anche se la stessa, incidentalmente, è occupata da te.
Schivo l’impatto, dardeggiando uno sguardo assassino sul beota alla guida: costui risponde alla mia occhiataccia con un preoccupante occhio tondo. E’ palese come si chieda cosa ci faccia una bici in un parcheggio; la rastrelliera, posta all’uopo all’ingresso del negozio, dovrebbe dargli qualche indicazione in merito. Almeno spero: saremo in trenta, possibili bersagli del suo paraurti. L’automobilista medio non calcola l’esistenza dei mezzi a due ruote: ‘sta cosa sta diventando un serio pericolo.
Difatti, mentre sfilo davanti a uno stop, una signora osserva con grande attenzione un’auto che gira, provenendole da destra, mentre non degna di uno sguardo me, che vengo da manca, andando dritta per la mia strada. Principale, con diritto di precedenza. E si mette in moto, giusta giusta quando arrivo a sei centimetri dal suo radiatore: scanso anche questa, domandandomi se ‘sta gente abbia preso il caffè, stamattina. Sembrano tutti addormentati: eppure, faccio di tutto per rendere chiare le mie intenzioni. Quando svolto, sventaglio le braccia peggio di un mulino a vento: nonostante dal polso destro mi penda un sacchetto della farmacia, il che conferisce un’aria un tantino ridicola ai miei segnali.
Ultimo ostacolo da superare, i dissuasori: il percorso che ho scelto, per nulla trafficato, ne è crivellato. A pensarci, forse le due cose sono collegate. Comunque sia, sono di fronte a un dilemma: usare due mani sul manubrio, salvaguardando la mia incolumità – il cestino stracolmo mi sbilancia – o sfruttarne una, per preservare l’integrità della spesa?
Opto per la prima: ad ogni gobba, l’aglio fresco – che tra parentesi lascia una scia ammazza vampiri – sobbalza, cercando di superare il bordo del sacchetto, mentre le fragole stanno fra color che son sospesi. Come prevedibile, arriva il momento in cui mi cascano entrambi: per fortuna, l’assenza di auto garantisce di non ritrovarmi con una marmellata di fragole all’aglio. Non esattamente una ricetta da gourmet.
In qualche modo giungo a destinazione. Trovo il maschietto di vedetta, a reclamare la mia attenzione: mi metto a far polpette all’addiaccio, sperando che le bestie non si servano del mio macinato.
Anche il gatto con problemi esistenziali mi doveva capitare. Quello se lo lasciamo da solo in giardino frigna; ha paura persino delle foglie, credo, e scappa di continuo in cucina.
Addirittura, avendo trovato tutti gli ingressi chiusi, ha cercato di infilarsi attraverso la finestra, aperta a vasistas: perdendo l’equilibrio, è rimasto incastrato a metà, ha abbattuto la tenda e, se non fossi accorsa a salvarlo, avrebbe finito i suoi giorni lì, temo. E’ il gatto più tonto che abbia mai visto: sua sorella, di taglia dimezzata rispetto alla sua, ha già conquistato giardino e dintorni. Lui, passa la vita a cercare di rientrare in casa. Che stress.
Nel frattempo, Jurassico rientra dal lavoro, si siede a tavola e inizia a osservarmi.
“Ma… Scusa, quei calzoni… sono strani. Cos’hanno?”
“In che senso?”
“Ti cadono… Non ti stanno bene sul sedere!”
“Ah, sì. Mi sono diventati larghi. Li metto solo in casa, quando devo cucinare o lavorare in giardino.”
“Ah, ecco. Non ci andrai in giro, spero?”
“No, no, non li metto per uscire. Tra parentesi, rischio di trovarmi in mutande…”
“Ah, ecco. Che poi non dicano che la moglie del dottore ha il c. cadente!”
Un’uscita, quest’ultima, capace di offendermi a morte. Reagisco all’istante: “Ueh, caro lei, piano con gli insulti. Tanto per cominciare, se qualcuno mi guarda il fondoschiena, dubito sia interessato al mio stato civile o all’identità del mio consorte. Secondo, tua moglie non ha alcun elemento cadente!”
Il marito ridacchia, soddisfatto di avermi fatto arrabbiare.
Mannaggia. Un altro paio di pantaloni da buttare. L’abbonamento in piscina mi sta costando troppo: in fatica, patimenti in vasca e guardaroba da rinnovare. Ora mi tuffo nel frigo e dò sfogo a tutte le mie frustrazioni.
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