Primo giorno di scuola

Silenzio. La Stamberga è silente. Le stanze da letto sono chiuse, per tener fuori la polvere e, soprattutto, per non vedere quanto sono vuote. 
Unica abitata, la camera del gaglioffo, alle otto ancora immerso in un sonno profondo. 
Per la prima volta, dopo ventidue anni di vita da mamma, il primo giorno di scuola non significa nulla, per me. 
Nulla in termini pratici, s'intende. Impossibile non tornare col pensiero a tutto ciò che è stato, questo giorno fatidico, per oltre due decenni della mia vita. 
Il giorno in cui alle sette e mezzo la confusione si spegneva, di colpo, lasciando spazio a un'irreale calma piatta, per oltre sei ore al giorno, dopo estati chiassose, sudate, pervasive e affollate. 
Il giorno zero, quello in cui tutto ripartiva, il primo gradino di una scalata che ogni anno ha segnato una svolta. Sempre in meglio, per fortuna. 
Il giorno in cui, finalmente, ritrovavo una dimensione personale, non più minata da una presenza invasiva e costante di un numero imprecisato di giovani leve. 
Quando lavoravo, saperli a scuola era un sollievo. Quando ho smesso, ancora di più. 
Uno a uno, i nidiacei si sono rivestiti di piume, le hanno sostituite con penne robuste, hanno dispiegato le ali per tentare qualche piccolo giro di prova, fino a spiccare il volo definitivo, lasciando il nido per sempre. 
Però, me ne rimaneva sempre qualcuno da imbeccare, curare e proteggere. Uno, almeno. 
Oggi, nessuno. 
Dopodomani il "piccolo" andrà a ritirare il suo badge e la sua grande avventura avrà inizio. 
Lontano, al di fuori, oltre me. Non potrò che fissarlo, da distante, come faccio con i suoi fratelli. 
Per carità: non si finisce mai di essere mamme (o papà. Ma io parlo per me...). 
Negli ultimi tre giorni, ho avuto frequenti contatti con l'informatico, mentre per lavoro si attraversava mezza Penisola; ho sentito il filosofo, messo a dura prova nel Paese di Molto Molto Lontano, e bisognoso anche lui di un po' di supporto dal gruppo "Famiglia".  
La Miss mi ha tenuta inchiodata alla consueta chat pre-esame, nella quale il mio ruolo è di pungolo e conforto nel contempo, con margini molto, molto stretti tra i quali muoversi. Basta un attimo per farla precipitare nello sconforto, o in alternativa offrirle un comodo alibi per arrendersi. 
Con il gaglioffo siamo alle battute finali, e suo padre ed io ci stiamo giocando le ultime carte per diventare il suo punto di riferimento principale per i prossimi, fondamentali cinque anni. 
Insomma, la mia grande sfida è tutt'altro che conclusa. 
Ma, con oggi, si chiude un enorme capitolo, quello fondamentale. Quello nel quale hai ancora concrete possibilità d'intervento, quello in cui puoi esercitare un certo controllo, quello in cui puoi ancora fare qualcosa d'importante per loro. 
Da oggi, divento spettatore della loro vita. Posso applaudirli per i loro successi, supportarli nelle difficoltà, aiutarli a rialzarsi dopo un fallimento. Ma non sarò mai più parte integrante del loro percorso. Da oggi in poi, dipende solo da loro. Gaglioffo incluso. 
E per una mamma marsupiale come me - definizione della Miss - è un passaggio assai duro da digerire. 



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