Che schifo la vita!


E' una battuta di Mafalda, letta millenni fa: un flash che mi ritorna alla memoria, in periodi come questo. 
Nonostante sia in vacanza (almeno nominalmente), nonostante sia immersa in un panorama incantevole e nonostante incontri amici meravigliosi.
I problemi m’inseguono: dentro e fuori alla famiglia, allargandosi anche alla cerchia di parenti e cari amici. Tra scuola e università, fonte più di preoccupazione che di sorrisi, scippi nei mezzi pubblici (vittima: mio fratello) e amici inguaiati a dismisura su tutti i fronti, ce ne sarebbe più che abbastanza da deprimersi.
Invece, no: deprimersi non serve a niente. Anzi, peggiora le cose, se possibile.
La vita è una guerra. Chi ci ha raccontato una cosa diversa mentiva.
La vita ci vuole sempre combattivi: non permette cedimenti o fughe. Non fa prigionieri: ergo, non è permesso nemmeno arrendersi. Neppure quando sembra che battersi sia inutile: se devo morire, preferisco farlo combattendo che implorando pietà.
Ogni battaglia persa va archiviata, preparandosi alla successiva. Potremmo persino vincere la guerra, agendo così.
Ogni problema ha una soluzione: va cercata, costi quel che costi. Anche quando sembra impossibile trovarla.
Ogni medaglia ha il suo rovescio, anche se di rovesci stiamo parlando: si tratta di trovare la forza di rovesciarla.
A volte, ci vorremmo sedere lì, sperando che le cose si aggiustino da sole: non funziona così. Le cose non vanno a posto da sé. Anzi: spesso non si sistemano neppure se ce la mettiamo tutta.
E allora? Che ci rimane da fare?
Rialzarsi. Ancora, ancora e ancora.
Lo dobbiamo a noi stessi e a chi si affida a noi: figli, fratelli, genitori e amici. Persino ai nostri animali: creature splendide, che ci sanno consolare come nessuno quando siamo atterrati dal destino.   
Se permettiamo alla vita di stroncare le nostre speranze, non potremo realizzare nessuno dei nostri progetti. Non nutriamoci di sogni, elaboriamo strategie. Affrontiamo il futuro giorno per giorno, senza angosciarci per domani o rimpiangere ieri. Guardiamo avanti, non procediamo voltati all’indietro: è un modo sicuro per cadere, quello. E se troviamo un ostacolo a sbarrarci la strada, spostiamolo. Oppure aggiriamolo: non permettiamogli di fermarci.
Ho cominciato a ragionare in questo modo a quattro anni circa: ancora non ho cambiato sistema. E considerato che, con tutto quello che mi è capitato, sono sfinita, ma non finita, forse è un metodo che funziona.
Come dice Matteo, barcollo ma non mollo. Non mollate nemmeno voi, mi raccomando.
Un abbraccio a tutti.

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