Noi, (fra) gente di un certo livello


Capita. Qualche rara volta ci coinvolgono in occasioni un po’ formali: di quelle da giacca e cravatta, per capirci. E da moglie decorativa al fianco (nei limiti del possibile, ovvio): roba da far tremar le vene e i polsi, a Casa per Caso.
La sottoscritta possiede un unico abito nero, sufficientemente elegante, che ricicla sempre: coordinandolo con accessori di volta in volta diversi, lo adatto a tutte le occasioni. E a tutte le stagioni, anche.
Il guaio sono le mie misure: mutevoli, con tendenza all’aumento. Così, quando me lo sono provato, ho scoperto che la panzetta sbocciava, tremula, fra le pieghe del drappeggio. Un orrore.
A furia di ingressi in piscina, ho creato un inedito: il muscolo di acciaio lardellato. Ho la tartaruga sulla parte superiore del ventre, mentre quella inferiore è devastata da fasce sovrapposte di grasso. Agghiacciante.
In tre ore non si possono perdere cinque chili: però si può comprare una pancera. Cosa che ho fatto. E pure di corsa.
Inguainata in una cotta d’acciaio, ho riacquistato un profilo solo leggermente ondulato: poi, mi sono vestita, truccata e pettinata. Conoscendo la tendenza della chioma a incespugliarsi, tipo rovo, ho nebulizzato lacca fino a mummificarmi i capelli.
Così trasformata, mi sono presentata a Jurassico: il quale ha inghiottito, chiedendomi poi se dovessimo proprio uscire...
“Meglio di sì. Così non scopri cosa c’è sotto l’ambaradan, mio caro!” l’ho scoraggiato, avvolgendomi in una impalpabile sciarpa nera, ravvivata da una spolverizzata di strass.
Quando la zia mi ha vista sulla soglia della sua stanza, ha esclamato: “Che apparizione!”, lanciandosi poi in complimenti sperticati anche all’indirizzo del mio cavaliere. Che era carino forte, per la cronaca.
Anche se…
Jurassico è allergico agli scorsoi attorno al collo e idiosincrasico nei confronti degli abiti eleganti. Sportivo dentro e, soprattutto, fuori.
Così, già infilarlo in un vestito decente è stato un miracolo. Imbrigliato dalla giacca, scocciato dalla panza, che tendeva i bottoni della camicia, infastidito dalla cravatta, a un certo punto è sbottato, indignato: “Ma come le fanno, ‘ste camicie? I polsini escono dalle maniche della giacca!”
Per poco io e la Miss non siamo svenute. Come certo saprete, quella è la norma, non un difetto: ma lui non se lo ricordava nemmeno più.
Polsi rubati all’agricoltura… ho pensato, evitando però di fiatare.
Dopo aver accolto un’ovazione corale da parte dei figli, siamo partiti con lo squalo, alla volta del ristorante.
Dove ci siamo subito distinti per eleganza e savoir-faire.
Jurassico dà inizio alle danze, evitando di aprirmi la portiera, per aiutarmi a scendere: con i tacchi alti, l’abito stretto e la pochette in mano, ero più impacciata di Fantozzi. E quello non si accorgeva di nulla: anzi. E’ partito per gli affari suoi, abbandonandomi nel parcheggio: sola fra i sassi. Che senza un braccio al quale appoggiarmi mi parevano scogli, non ghiaia.
Inviperita come un rettile, ho richiamato il talebano, rimbrottandolo per la sua scarsa galanteria: ottenendo solo di essere dileggiata da lui.
“Ma non eri una single rampante, autonoma e in grado di arrangiarsi?” mi ha derisa.
“Senti, bel tomo. Che io fossi una single non significa che non trovassi SEMPRE un braccio pronto a sorreggermi, in circostanze come questa… Anzi, non mi fare arrabbiare. Sennò, ti faccio vedere quanto ci metto a sostituirti!”
Il magrebino mi afferra, conducendomi con passo deciso verso l’ingresso del locale: peccato che decida di fare una scorciatoia. Mentre la qui presente stordita, appoggiata al suo braccio, si guarda attorno ammirando il giardino, quello attraversa di sghembo la fila di candele, posta a segnare il percorso.
Me tapina.
Per non smentirmi mai, non me ne sono resa conto, persa com’ero col naso all’insù: con il risultato che ho dato un calcio a un coccio, inondandomi piede e caviglia di cera fusa. Non mi sono scottata, ma ho devastato calza e scarpa.
Così, appena entrata, sono stata costretta a rifugiarmi in gabinetto: dove ho rivoltato i collant, nascondendo la devastazione sotto il piede, e constatato con sofferenza estrema che le mie elegantissime scarpe erano rovinate per sempre. Mentre il mio look lo sarebbe stato per tutta la sera.
Una serata per il resto piacevole, in compagnia di persone gradevoli: funestata peraltro dai continui richiami all’ordine di mio marito. Il quale, ogniqualvolta la stola mi scivolava in basso,  mi sibilava all’orecchio: “Ehi, moglie! Copri quelle spalle!!!”
Compare Turiddu. Esce con la lupara in bagagliaio, quello.
No, non ci siamo. Decisamente, noi NON siamo gente di un certo livello.


Commenti

Post popolari in questo blog

Una vita che non posto: 8 marzo

Una famiglia tradizionale (???)

La Karly mi fa piangere!