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Siamo andati a recuperare il giovane. Non vi dico in che condizioni mi sono svegliata: vittima di un attacco batterico a sorpresa, il mio sguardo faceva concorrenza a quello di un rospo. Gli occhi, gonfi e cisposi, si aprivano a fessura, lacrimando copiosamente; a ciò si aggiunga l’ormai palese effetto procione da ricrescita, alla sommità della mia testa.
Roba da rimanere al buio tutto il giorno: un po’ per combattere la fotofobia, un po’ per non spaventare i bambini, al mio passaggio.
Purtroppo, la mia presenza non era facoltativa: il gaglioffo mi snobba, ma se non mi fossi presentata all’appello me l’avrebbe fatta pagare in sempiterno.
Nella speranza di dissimulare almeno un po’, ho inforcato gli occhiali neri: un procione vestito da Blues Brother, parevo. Ci sarebbe voluto un sacchetto del pane per fare un lavoro ben fatto; senza nemmeno i buchi per gli occhi, ovviamente.
Per mia fortuna, era di turno un mio amico farmacista, proprio a metà del tragitto: almeno, mi sono procacciata un collirio.
Giunti a destinazione, siamo stati accolti da un manigoldo particolarmente allegro. Tanto era ben disposto da concedermi un mezzo abbraccio e due baci a mezz’aria: grasso che cola, in questo periodo di distacco adolescenziale. In pubblico, le smancerie sono considerate un atto criminoso.
A pranzo, siamo stati resi edotti sullo svolgimento della vacanza: una settimana di servizio militare, quasi. Uno degli istruttori faceva il caporalmaggiore, svegliandoli alle sette della mattina: una volta a suon di rock sparato a palla, un’altra con le vuvuzelas, una terza con comandi abbaiati a voce stentorea.
“Quello ha fatto il militare, mamma… C’è poco da scherzare, con lui!”
Sia stato il periodo di leva, o una naturale predisposizione al comando, fatto sta che costui riusciva – o quasi – a mantenere la disciplina.
“Siete degli animali! Smettete di fare le locuste!” berciava, quando uno del gruppo – un soggetto soprannominato il boaro, per il suo raffinato eloquio e i suoi modi eleganti – si serviva in tavola con lo slancio di una tigre affamata.
Il Don era molto, molto simpatico, oltre che fine psicologo: la sera che li ha beccati col corpo del reato fra le zampe – una bottiglia di aranciata, trafugata in cucina – si è seduto in mezzo a loro. Nessuna ramanzina: ottenuta l’ammissione di colpa, li ha lodati per l’onestà con cui non si erano accusati a vicenda, chiedendo loro di non ripetere la nefanda azione. Un rapido accenno alle conseguenze che certi comportamenti potrebbero avere in contesti più seri – sul lavoro, ad esempio – e morta lì.
“Io credo nella capacità di recupero delle persone. Non sarete puniti, per questo. E nemmeno vi tratterò come dei reprobi, da qui in avanti.”
“Mamma, ci siamo sentiti delle omissis. Ti giuro che non abbiamo preso più nemmeno uno stuzzicadenti…”
Grande, il Don. Un vero genio della comunicazione.
Tanto geniale che: “Mamma, le preghiere erano una cosa più che giusta. Dieci minuti al mattino, dieci alla sera, niente di più. E la Messa era così bella che ci sono andato due volte, senza che nessuno mi obbligasse!”
Un miracolo. Quell’uomo ha compiuto un miracolo: santo subito, per quanto mi riguarda. Mi ha redento quell’infame del gaglioffo!
Gaglioffo che, in compagnia di tutto il gruppo, organizzava ogni sera la Disco Pagoda: sotto al tendone adibito a mensa, chiesa e meeting point, accendevano lo stereo, e vai con le danze! E se con il ballo pare se la sia cavata con onore, non altrettanto si può dire del karaoke. In quanto consapevoli della propria pochezza, lui e i suoi tre o quattro inseparabili amici avevano scelto l’immortale brano Guarda come dondolo, pezzo eseguito con recitazione a tema: simpatia, senso del ritmo e coreografia hanno loro guadagnato un bel nove. Sull’esecuzione canora, sono stati scacciati con un due, completo di vai a casa!!!, ululato in coro dal pubblico tutto.
Poi, sono arrivati i racconti horror: ci sono stati la visita notturna nelle camerate del boscaiolo assassino, con tanto di accetta, e la comparsa nella boscaglia dell’orso mordace.
Entrambi sono stati accolti con urla di terrore da pare della componente femminile del gruppo, molto suggestionabile dalle storie che avevano preceduto le due suddette comparsate. I nostri infingardi, invece, addestrati da anni e anni di videogames truculenti, hanno subito sgamato l’accompagnatore ex- militare (il sedicente boscaiolo Shining) e lo stesso Don. Che, per l’occasione, aveva indossato un peluche, saltellando come Yoghi fra i tronchi.
Ambedue sono stati scacciati a suo di strilli, BHUUUU!!! e cortesi inviti a rientrare al paterno ostello, da parte dell’accolita di debosciati. Per spaventare quelli, temo, non basterebbe nemmeno un assassino autentico. Presi in gruppo, avrebbero messo nel sacco anche Landrù.


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