Nonostante me


Piove. O, meglio, è piovuto per un paio di giorni: la colonnina di mercurio è crollata sotto quota cinque,  incarcerandoci in camper. Pigri e rilassati, abbiamo divorato quintali di carta stampata, dedicandoci al riposo e ai piaceri gastronomici.
Jurassico ha scovato un posticino che sembra fatto apposta per me: oltre al normale set di posate e tovagliolo, il coperto prevede anche il bavaglione. Un mezzo lenzuolo, da avvolgersi attorno al collo, mentre si attacca una ciotola zeppa di pesce annegato nel brodino al pomodoro.
Poiché, tuttavia, le mie capacità distruttive sono in grado di inattivare qualsiasi misura preventiva, incluse quelle antiatomiche, sono riuscita a metter su un teatrino fantozziano anche in questo caso. Alle prese con un numero spregiudicato di frutti di mare, mi sono messa a manovrare le valve delle conchiglie come fossero lanciagranate, sparando sugo in tutte le direzioni; uno spruzzo mi ha raggiunto persino la testa. Suggerirò ai meteorologi di dare il mio nome, al prossimo urgano che farà parlare di sé: mi sembra appropriato.
Jurassico, quando mi ha visto sparare una cozza tipo proiettile, ha scosso la testa, sconsolato: per fortuna, non ho provocato danni a cose o persone. Il siluro si è abbattuto a un metro dalla mia seggiola, a distanza dai possibili obiettivi sensibili.
E’ per questo che, se vado in un posto elegante, o anche solo molto frequentato, devo calibrare le mie ordinazioni: nulla che possa schizzare, debba essere tagliato con decisone o aperto con strumenti particolari, dove con strumenti particolari si intendono anche le mani. Nel mio caso, potremmo classificare anch’esse come armi letali. Come Van Damme.
Al secondo tentativo, siamo andati su una più tradizionale pizzeria: qui, alla consegna delle posate, Jurassico è entrato in stato confusionale. Prima di sistemare forchetta-coltello-tovagliolo nell’ordine giusto (sin-dx-dx), ha fatto quattro tentativi, provando varie combinazioni, sotto il mio occhio critico. Possibile che ancora non abbia imparato i rudimenti della tavola decentemente apparecchiata, quest’uomo? Niente. Quando ci pensa lui, ti ritrovi con le posate a rovescio. Non l’imbrocca nemmeno per sbaglio.
Esattamente come dimostra di non capire il funzionamento di un microonde o di una lavatrice: già il raggiungimento di sufficienti capacità organizzative e funzionali, in ambito lavastoviglie, è stato da me salutato come un successo epocale.
Tuttavia, non mi lamento: se lui non vede l’immondizia che trabocca, io non noto le foglie secche che invadono il giardino. Lui non saprà stendere i panni, ma non c’è cosa in casa che non sappia riparare. Appena si rompe, tra l’altro: che se chiami un artigiano, lo devi prenotare settimane prima.
Il segreto della saldezza della nostra unione sta nella suddivisione dei compiti, a seconda delle rispettive attitudini: mi avesse messo in mano un rasabordi, credo avrei disboscato il giardino. Se incaricata di innaffiarlo, lo avrei disseccato, oppure ridotto a una risaia.  Alternando le due fasi, come faccio con le piante da appartamento, delle quali sono una serial killer riconosciuta.
Ben consapevole di ciò, il nostro, di fronte al mio sorriso canzonatorio, mi dice, brandendo la forchetta e ridacchiando:  “Però sono capace di smontare un lavandino…” riportandomi alla mia triste realtà. Stamattina una lente a contatto mi è scomparsa, letteralmente, tra le mani. Ero convinta di essermela messa, invece… Puff! Sparita.
Sperando di recuperarla nello scarico, gli ho chiesto di smontarlo: cosa che lui, sant’uomo, ha fatto senza un gemito. E senza esito, purtroppo. Si è così aggiunta un’altra vittima, travolta dalla mia immensa sbadataggine. Anzi due: il marito è il primo a pagarne le conseguenze, poveretto. Mi domando come ancora non mi abbia defenestrata, murata viva, rinchiusa in una camicia di forza o sedata pesantemente. Quell’uomo, oltre ad amarmi moltissimo, deve avere una gran dose di senso dell’umorismo. Invece di arrabbiarsi con me, ride. E così, nonostante tutto, la nostra coppia sopravvive. Persino a me.  

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