Litigate furiose

“Ti odio. Ti odio con tutte le mie forze.”
SMACK.
“Smettila di importunarmi. Guarda quella poltrona! L’ho liberata tre giorni fa…”
SMACK.
“La fai finita, per piacere? Ho riempito di fesserie la mia amata borsa Ikea, per toglierle da lì sopra, solo per vederla ingombra un’altra volta, a meno di cento ore di distanza!”
SMACK.
“Levami le mani di dosso, razza di polipo. Parlo seriamente: o liberi la poltrona relax da tutte quelle idiozie, o ci dormi sopra! Anche perché diventerà il tuo letto, da questa notte in poi…”
SMACK.
“Non ti sopporto, quando fai così… Mi hai sentito?”
SMACK.
“Dove vai, adesso?”
“Al lavoro.”
SMACK.
“Ma è poco più dell’alba…”
“Oggi vado fuori sede. Ci vediamo stasera, amore…”
SMACK.
“No, seriamente, sei un uomo orribile. Non mi puoi trattare in questo modo…”
La porta si apre, lui esce, apre l’auto. Io lo seguo sul vialetto, continuando a lamentarmi: “E va bene! Vattene pure… Sappi una cosa, però: io rimango con te solo… per i soldi!!!”
“Ahahahahah… Ti amo, tesoro.”
SLAM.
L’auto esce dal cancello e l’uomo scompare all’orizzonte.
Non c’è nessun gusto, a litigare con un marito così. Non ti dà la minima soddisfazione, non raccoglie nessuna provocazione. 
E non ottieni un bel niente, soprattutto…
Sconfitta, chiudo la porta dello studio. Almeno non ce l’ho sotto gli occhi.



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