Fine maggio: tempo di bilanci



L’anno scolastico volge al termine. Come tutti gli anni, vado al computo profitti e perdite: e per una volta, non mi debbo strappare fino all'ultimo capello dalla testa.
Devo dirlo: le belve mi stanno dando un sacco di soddisfazioni.
Il maggiore è in procinto di andarsene;  lo vedo sereno, soddisfatto del suo lavoro, pronto per affrontare la vita nel modo giusto. E’ bello quando un figlio esce di casa così.
Il filosofo sta raccogliendo i frutti di tanto, duro lavoro: un esame dopo l’altro, è a un passo dalla laurea magistrale. Dotato di una determinazione incrollabile, quel ragazzo arriverà dove vuole.
La Miss è davvero cresciuta: sta diventando una giovane donna matura e consapevole, in gamba e risoluta. Sono molto orgogliosa di lei.
Il gaglioffo, poi, è la sorpresa dell’anno: ormai manca poco alla fine della scuola, e il bilancio è pienamente positivo. Il ragazzo va bene, è entusiasta della scuola scelta, ha imparato a comportarsi ed è diventato completamente autonomo. Un anno fa tutto questo sembrava un traguardo irraggiungibile.
Come cambiano le cose, in poco tempo…
Per una volta, registriamo un cambiamento in positivo. Confesso di averne avuto un gran bisogno: mi avevano portato proprio alla frutta, quei quattro.  
Travolta da un devastante  senso di inutilità, li osservavo incagliati, demotivati, li vedevo perdere la grinta, la voglia di reagire, addirittura la speranza.  
Li vedevo chi fermo, chi impuntato, chi impaurito, chi ossessionato: cercavo di aiutarli, ma non trovavo il bandolo della matassa.
E’ orribile quando li scopri corrosi dalla ruggine dell’immaturità, danneggiati dall’insidia della sicumera e poi paralizzati dall’insicurezza.
Hanno bisogno di aiuto ma non vogliono fartelo sapere, sono in difficoltà ma lo tengono nascosto, non chiedono aiuto anche se ne avrebbero bisogno.
Fingono che tutto vada bene: fingono con se stessi e fingono con gli altri. Per poi finire stritolati dagli eventi.  
Quante volte sono stata assalita dai sensi di colpa, per non essere intervenuta prima, durante o dopo una mezza catastrofe.
Solo adesso l’ho capito: le catastrofi le possono evitare, ove possibile, solo i diretti interessati. Tu, al massimo, puoi fungere da spalla.
Quante volte avrei voluto avere più tempo per loro, schiacciata com’ero da mille impegni tra lavoro e famiglia. Ogni problema mi sembrava causato da una mia assenza o dalla mia insufficiente presenza.
Non era vero: i figli sono dei maestri nell’infilarsi tra le maglie della nostra attenzione. Se ti vogliono far fesso, ci riescono: peccato che imbroglino solo se stessi.  Un concetto che capiscono sempre troppo tardi.
E quando mi sono liberata dalla morsa del lavoro? Credete sia finita? Magari!
Quante volte mi sono pentita di aver dedicato troppo tempo solo a loro, rendendoli  il centro della mia esistenza.
Se un figlio è pigro, inefficiente, lavativo o strafottente, sei sempre tu la responsabile: troppo presente, assillante, lo soffochi e non lo autonomizzi. Mettendolo al centro delle tue attenzioni, ne alimenti egoismo ed egocentrismo.
Tutto sbagliato anche così.
Ci ho messo anni,  ma finalmente l’ho capito.
Non è sempre tutta colpa mia.
Si sbaglia di continuo, è vero; però sono pochi gli sbagli irrimediabili.
I figli sono soggetti in grado di autodeterminarsi, e lo fanno: tu li puoi consigliare, guidare, aiutare. Ma non puoi sostituire la tua volontà alla loro. Le loro responsabilità non sono tue: inutile colpevolizzarsi.  
Quando reggi il timone della tua famiglia, sei costretta a eseguire innumerevoli aggiustamenti. A tenere la barra sempre fissa rischi di smarrire la rotta. L’unico modo di non finire tra gli scogli, in più,  è verificare spesso la tua posizione.
Se non ti stanchi, se non ti abbatti, se la pianti di fustigarti e vivi serena (per quanto possibile, ovvio), la porti in porto la tua barca, godendoti finalmente ti un po’ di meritato riposo.
Fino al prossimo viaggio: con i figli non è mai finita.  Quegli infingardi ci concedono al massimo qualche breve, piccola vacanza. Però quando succede, vale la pena di godersela fino in fondo.

Commenti

Post popolari in questo blog

Una vita che non posto: 8 marzo

Una famiglia tradizionale (???)

La Karly mi fa piangere!