Disordine



Lo detesto, e ne sono perseguitata.
La Stamberga si mantiene vivibile solo se la sottoscritta mantiene alta la guardia: come un segugio, giro per casa raccattando tutto ciò che abbandonano qui e là, cestinando, stivando, riordinando e smaltendo in modo ecologicamente corretto.
Nonostante questo, gli angoli adibiti clandestinamente allo  scarico merci  si moltiplicano. Luoghi dove si ammucchiano giornali che non saranno mai letti da nessuno, cumuli di derrate alimentari intaccate, destinate a finire i loro giorni nel cesto dell’umido, oggetti vari scaraventati alla rinfusa in angoli trasformati in zona franca. Il garage, poi, è la mia spina nel fianco: per raggiungere le cose che servono a me, devo scavalcare quelle che a loro non servono più.  
Se a tutto questo si aggiungono la mia idiosincrasia per le carte, che accumulo per settimane, si può comprendere il mio panico, quando decido  (come in questo periodo) di riordinare casa. Panico che si trasforma in orrido senso di colpa, quando mi rendo conto dello stato di abbandono in cui versano alcuni recessi lontano dai miei occhi e, purtroppo, anche dalla mia mano. 
Mi sento una massaia da rottamare: sono completamente incapace di mantenere la situazione sotto controllo. E non ho più nemmeno la scusante del lavoro fuori casa: deve esserci qualcosa che non funziona nel mio software. Ci sono cose che faccio solo se costretta – vedi capitolo carte – e altre che mi scordo proprio, lasciando di fatto campo libero ai lanzichenecchi con i quali convivo.
Suggerimenti per aumentare il mio grado di efficienza?
Qualcosa che escluda il passare la vita a pulire e sistemare, però: in quel caso, mi rassegno a lasciare le cose come stanno. Meglio il caos alla schiavitù!

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