Modalità Cinderella

Ogni giorno ne combino una. Stavolta, mi scivola di mano una bottiglia di aceto, andando a schiantarsi sul pavimento della cucina: piancito in marmo rosa di Asolo, per la cronaca; nemmeno lucidato a piombo. Sensibilissimo agli attacchi dell’acido, in altre parole: difatti, lo sento distintamente friggere, sotto la morsa dell’ondata venefica.
Il cuore mi si stringe, mentre la chimica che c’è in me rialza la testa: devo neutralizzare! Mantengo un filo di lucidità, quanto basta a scartare la candeggina in partenza (evitando così di intossicarmi con i vapori di cloro), sbatto sul lago un montarozzo di stracci  e mi lancio alla ricerca di un barattolo di bicarbonato. Sono certa che in quell’armadietto ne conservo un esemplare… Confuso tra mille altri orpelli, lo trovo: ce ne saranno dentro cinque grammi. Quando mi serve con urgenza qualcosa, è sempre sul punto di finire.
Una vita in riserva, la mia: anche energetica.
Per mia fortuna, da qualche parte trovo dell’ammoniaca. Trattenendo il respiro evito il rischio di auto-provocarmi un blocco cardiaco, e in qualche modo fermo il processo corrosivo. Per mia fortuna, la cera di cui è coperto il pavimento ha arginato i danni: l’incidente si chiuderà senza cicatrici permanenti. Visibili, almeno.
L’occasione, infatti, mi è gradita per andare a ficcare il naso negli angolini nascosti: e lì il mio cuore subisce un altro attacco anginoso.
Appena torno a casa, la prima cosa che tolgo sono scarpe e lenti a contatto: libera e felice, non metto gli occhiali, rimanendo immersa in un mondo flou, dai dettagli sfumati. Ciò mi permette di sopravvivere alle ditate sui vetri e i mobili, alle briciole sparse per tutta la casa e al cimitero di insetti conservato nella plafoniera. La dovrei lavare tutti i giorni, quella: imbranata come sono, però, finirei con il rompermi un femore. Meglio limitare i miei interventi a uno a settimana, ignorando quel che accade negli intervalli.
Con una casa come la mia, infestata di animali (bipedi e quadrupedi), se aspirassi all’ordine e alla pulizia perfetti sarei sempre con il detersivo in mano. Non è cosa per me.
Questo mio atteggiamento morbido lascia però spazio alla disattenzione altrui: nel mio giro di ricognizione forzato scopro settori del pavimento trascurati, angoli tondi, battiscopa crivellati di macchie. Una pena.
Di fronte a cotanto abominio, entro in modalità Cenerentola: armata di brusca e detergente,  spazzolo tutto il pavimento lastra su lastra, riportandolo, assieme ai suoi annessi, allo splendore originario. Il risultato è molto soddisfacente, ma le mie giunture implorano pietà. Decido per un bagno rilassante.
Entrata in bagno, sempre in modalità Cenerentola, prendo una decisione storica: o la va o la spacca. Ora distruggo anche la vasca idromassaggio. Trattasi di residuato bellico risalente ai primi anni del nostro matrimonio, devastato da una vasta concrezione giallastra di silicone secco, resistente a ogni attacco della nostra colf. Perso per perso (Jurassico sta pensando di buttare via tutto e di comprare una vasca nuova), mi accanisco contro di essa con la paglietta per le pentole. Sotto i colpi della lana d’acciaio, anche il silicone si arrende: dopo un’altra mezz’ora di lotta improba, la vasca da bagno è come nuova, mentre la sottoscritta è da buttare via. Queste campagne di normalizzazione della Stamberga mi lasciano sempre svuotata, con le mani devastate e un mal di schiena da spavento. Senza contare che, ogni volta, finisco col guardarmi allo specchio e pensare: “Come sono caduta in basso…”
Dovrebbero essere altre, le cose che mi riempiono l’esistenza…
Intanto, però, meglio che vada. Forse le lavatrici hanno finito.
Questa sì che è vita!

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