Le cronache di Narnia

“Mamma, lì sotto c’è anche Narnia, sai…”
Sto cercando un guanto del gaglioffo, sotto il suo letto.
Quando mi avventuro nella sua camera, finisco regolarmente con il compiere un pietoso lavoro di riesumazione. Cavi elettrici interrotti da nodi, cuffiette nude (le spugnette non reggono un giorno, a Casa per Caso) arruffate come gomitoli, tutti intorcinati attorno a calzini impolverati. I resti della valigia sparsi sul copriletto, in un orrido melange di biancheria sporca e pulita. L’unico mezzo per distinguerle l’una dall’altra, usare l’olfatto: ma l’istinto di conservazione mi spinge a fare un lavaggio in più, piuttosto che fiutare certi capi d’abbigliamento dopo l’utilizzo. In  meno di cinque minuti, raccolgo bucato per due lavatrici da dieci kg: manco avessi ripulito una camerata di coscritti.
Dopo aver riscontrato la presenza, sotto la testiera, di un paio di ciabatte misura 38 (attualmente l’individuo porta il 43), completamente foderate di polvere, mi sento una donna inutile. Nulla di quello che predico vien messo in pratica. Da nessuno dei quattro.
Hai voglia che ti dicano: “Fai la mamma: il mestiere più difficile del mondo!”
Non è un mestiere, che il cielo mi fulmini. Fosse un mestiere, mi pagherebbero: invece, qui fatico e debbo pure pagare. Fatica tanta, soddisfazioni zero: o quasi.
Ieri il bucaniere ha dichiarato due sei, estorti alla prof più pericolosa dell’intero staff insegnanti. Se tale dichiarazione corrisponde al vero, forse esiste un flebile filo di speranza: quella che viene a mancare, ogni volta che riordino il suo antro.
Mentre quello, ilare e dinoccolato, va a scuola canticchiando: “I’m sexy and I kow it!”
Lo ammazzo. Prima o dopo, come l’ho fatto, quello lo disfo. Io non reggo, me lo sento…

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