Sembra facile...

… rilasciare una breve intervista. E forse lo è, a patto di non essere Mpc: è il mio destino. Non c’è volta che io riesca a uscire da una situazione senza intoppi: figuriamoci addentrandomi nella jungla dei media. Mi attendevano le sabbie mobili.
L’antefatto: una piccola web radio (IWRadio, www.iwradio.it) si è messa in contatto con me attraverso un amico (a proposito: grazie ancora, Marco!), per parlare del mio libro e di questo blog.
E fin qui nulla di pericoloso.
I guai sono iniziati quando io stessa ho domandato se fosse prevista una mia… partecipazione attiva. L’idea è piaciuta al conduttore del programma, il quale mi ha posto, a quel punto, la fatidica domanda: “Hai Skype?”
“Ahem…Ni.”
Ovvero: Skype c’è, in casa. Solo che sono l’unica a non averlo installato sul PC. Arruolato l’informatico in gran fretta, ho chiesto e ottenuto che predisponesse il mio catorcio alla bisogna: in brevissimo spazio di tempo, tutto era pronto per le prove generali.
O almeno così credevo.
Già: perché mio figlio, quando dice “Tutto ok”, lascia sempre indietro qualche piccolo, insignificante dettaglio. Robetta da niente, sistemabile in pochi minuti: salvo imprevisti, ovvio.
Peccato che quando la radio ha chiamato si siano verificate le seguenti circostanze:
-       Lui era fuori casa: ho dovuto farlo tornare precipitosamente indietro, per mettere a punto l’impianto
-       Mancavano i driver per la periferica: manco a dirlo, il download si è inceppato, mettendoci un quarto d’ora a scaricare i quattro dati necessari per far funzionare le cuffie
-       Io dovevo stare in connessione con la radio tramite FB: il portatile mi ha spiegabilmente crashato proprio in quel mentre, lasciandomi al buio per buoni dieci minuti. Durante i quali pareva che il sistema operativo fosse andato definitivamente in malora, tra parentesi.
-       L’operatore, in radio, aveva i minuti contati: e noi li dissipavamo gingillandoci con faccenduole che avrebbero dovuto essere a posto da mo’.
L’ineffabile, di fronte alle mie timide proteste (ti avevo chiesto se era tutto in ordine…), mi ha risposto, secco: “Beh, scusa, mi avevi detto che ti serviva per stasera!”
Ecco, appunto. Così, per togliersi la mamma dai piedi, l’ha messa zitta con un “Tuttok, tuttok”. Come nei film americani: i protagonisti sono circondati da un cataclisma planetario, ma si abbracciano belando: “Va tutto bene, va tutto bene…”
Avete presente?
L’avrei impiccato. ‘Sta cosa del fare tutto sempre al limite estremo del tempo mi fa ammattire: ed è una costante, con il primo e l’ultimo. Una volta o l’altra finisco sui giornali, con quei due: in cronaca nera, però. Altro, che pagina culturale!
Comunque sia, in un modo o nell’altro siamo riusciti a partire, con ‘sta prova: stavolta, tutto funzionava davvero. Così, alle dieci sono stata chiamata in trasmissione. In diretta.
Ben diciotto persone in linea: per cortesia, smettetela di ridacchiare sotto i baffi. Per una piccola web radio è un successo! Tra parentesi, durante tutto il programma hanno trasmesso un pezzo migliore dell’altro: musica a richiesta, da parte di un pubblico di ottimo gusto. E sto parlando sul serio, per una volta nella vita.
Per un’impedita come me, inoltre, già un uditorio così rappresenta un cimento.
Difatti, se sono riuscita a rispondere a tono (o quasi) alle domande su libro e blog, senza inciamparmi o restare a secco con concetti e parole, sono miseramente caduta alla fine. Sollecitata a introdurre il brano musicale che io stessa avevo richiesto, non me ne sono ricordata il titolo: obbligando il conduttore a intervenire in corner, per evitare che andasse in onda l’“Innominato”, dei Simple Minds.
Insomma, che pretese. Faccio confusione con i nomi dei figli quando li chiamo per cena. Come potrei andar via liscia col nome di una canzone, in inglese, in diretta alla radio???
Sono una causa persa: adesso ne abbiamo le prove. Radiofoniche.

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