Il sabato del villaggio


Santo cielo. Che disastro la Stamberga, che disastro… Sono già sommersa dall’onda d’urto delle incombenze trascurate.
Quanto il gatto non c’è, o è distratto, i topi ballano: e si vede. Me tapina.
Stamattina sono impazzita a cercare due pile stilo ricaricabili che non fossero esauste, in garage non si cammina, il tavolo da esterni davanti alla cucina si è trasformato in un ricettacolo di vetro da riciclare, l’asse da stiro è migrato in ingresso e i bucati incalzano.
Con la zia diroccata da seguire come un’ombra, sono costretta a comprimere le incombenze extra moenia in spazi di tempo più che ristretti, mentre le faccende domestiche sono incastonate, come gioielli tarocchi, nell’arabesco dei mille impegni imprevisti che si affastellano sopra di noi.
Come se non bastasse, devo fare strategia motivazionale col gaglioffo, occuparmi delle ombre che passano sul viso della Miss, che spesso non mi trova al suo rientro da scuola (insomma… io arrivo, chiedo della mamma e lei non c’è! Io HO BISOGNO della mamma!!!)  e ricevere gli ospiti che convergono sulla Stamberga per far visita alla vegliarda.
Insomma: ho bisogno di tutta la mia energia, la mia capacità organizzativa e di attingere a piene mani alla mia riserva di buonumore cronico per sopravvivere a tutto questo.
Comunque sia, per ora non va così male. Basta trascurare i dettagli, non farsi spaventare dal caos e cercare di vedere il lato positivo delle cose.
Le rimpatriate, per esempio: ieri, è stata la volta dei cugini veneziani. Mi sono arrivate tre generazioni di parenti in un colpo solo: la zia (un pezzo d’antiquariato di pregio, ma piuttosto malconcia anche lei), mia cugina con annessa prole (un giovane coevo del gaglioffo) e il cugino watusso. Già: ho un cugino più grande (in vari sensi) che non smetteva mai di crescere, quando eravamo bambini. A un certo punto, lo zio architetto aveva disegnato una prolunga al suo letto, perché il ragazzo smettesse di congelarsi i piedi. Era così lungo e magro che il mio papà lo chiamava Lupo Ezechiele: ora non è più così magro, ma alto sì. Talmente alto che, se non ho le lenti addosso, quando lo abbraccio non gli distinguo i tratti del viso fino a che non si china per baciarmi. I suoi due metri di altitudine mi hanno sempre fatta sentire un turacciolo.
Era una vita che non ci si vedeva, con questi parenti qui: i due ragazzini si sono osservati con circospezione per circa dieci minuti, sino a che mia cugina ha chiesto a Matteo di far compagnia a Federico, che si stava rompendo. Astuta.
Il ragazzo è entrato in modalità di soccorso: acciuffato il cugino, l’ha condotto al cospetto della macchina infernale  (il suo potente PC). In cinque minuti, si sono scoperti amici e sodali. Meglio: parenti.
Li abbiamo rivisti due minuti al momento del dolce (lo strudel della mia mamma è una cosa epica…) e poi si sono perse le loro tracce, sino al momento del commiato. Il loro saluto: “Ci si vede su Facebook…”
I cugini ritrovati.
Essendo sabato sera, il resto dei miei figli era assente in massa, ma riuscivamo a essere una folla comunque. Abbiamo allestito dunque una delle nostre solite tavole imbandite, distribuendoci in ere geologiche. In fondo, il Pleistocene, con le tre venerande a fare da zoccolo duro; Jurassico e Il cugino longitudinale a delimitare la linea di confine, per concludere con la zona da Mpc e la cugina: area menopausa o immediati dintorni.
C’erano tutti gli ingredienti per una cena mesta e silenziosa, dunque. E difatti… pareva di essere in un suk arabo. Sia come confusione che come dovizia di offerta alimentare. Saranno stati i primi, ottimi e abbondanti, i funghi riemersi con onore dal congelatore, oppure la strepitosa abbondanza di salumi affettati di fresco, ma eravamo tutti allegri e festanti come a un matrimonio. Di certo, a rialzare il tono del nostro umore c'era l’inespresso sollievo di essere lì riuniti per un motivo diverso dalle esequie della cara estinta. Mio fratello scattava foto come un paparazzo pazzo, il cugino longitudinale, davanti ai piatti da portata, si lanciava in dichiarazioni cariche di entusiasmo: "Se è vero che mi hanno levato il purgatorio, allora il mio paradiso assomoglierà a questo..." mentre i ragazzini ridacchiavano sotto i baffi nel vedere questa banda di anticaglie in piena attività tellurica.
Tanto per cambiare, s’è fatto notte: abbiamo defenestrato il parentò, messo a letto la zia e archiviato il gaglioffo.
Domenica prossima, si ripete. Tra l’altro, Ziapercaso compirà gli anni… Bisognerà pensare a una sorpresa. Si accettano consigli!

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