Indovina chi viene a cena

Una sola persona: normalissima amministrazione, insomma. Nemmeno da spostarsi, considerati i poderosi mezzi a disposizione della cuoca, a Casa per Caso: siamo attrezzati per far da mangiare fino a venticinque persone. Visto e provato, in alcune occasioni.
Sono quindi rilassata come se dovessi cenare al ristorante: unica seccatura, il tempo. Vagheggiavo una cena in terrazza, ma le avverse condizioni ambientali hanno mandato a monte i miei piani. Oltre a ciò, l’acqua battente mi induce a procrastinare in modo inverecondo l’uscita per la spesa, così mi ritrovo alle sei e venti con la cena ancora da allestire. Mi sono predisposta giusto la base per il dolce e il soffritto.
Atteggiamento pericoloso, il mio: come da manuale, l’eccesso di sicurezza mi frega di brutto. Una volta preparato il cheese cake, lo metto in frigo a consolidarsi. Dopo un’oretta, lo recupero. Sembra tutto normale. Quando però nappo il top del dolce con la gelatina, questa s’inabissa, formando un cratere e scomparendo alla mia vista. Non c’è nemmeno bisogno di dire che è l’ultima confezione di marmellata disponibile e che il disastro non è  quindi rimediabile. Mi dedico dunque a una complicata azione di recupero, pescando con un cucchiaino nel magma lavico, tentando di ridistribuirlo alla superficie. Ne risulta una sorta di pellicola screziata, stile marmorino: sembra l’opera di un imbianchino in delirio onirico, più che una decorazione da pasticceria. Sono riuscita a sbagliare il dolce più facile del creato: un primato assoluto.
Come mio costume, la prendo a ridere: nel frattempo, però, scoppia una crisi nel reparto tessile. La casa si riempie di maschi in mutande, che vagano disperati, all’inutile ricerca di un paio di pantaloni. Sembra ce ne siano solo di corti: ma fa un freddo cane.
Jurassico, viceversa, torna dall’ospedale, vestito quasi decentemente, ma subito dichiara: “La tua amica si offende, se mi presento in tuta…?”
Dal piano di sopra, mi arriva un urlo: “Faccio a tempo a farmi una doccia?”
La sottoscritta ha appena tuffato la manica della maglietta nel soffritto, per cui puzza come un animale, e per di più la chioma si è ammutinata per via dell’umidità.
Per farla completa, i gatti grigi hanno deciso che stasera devono forzare il blocco, e si spalmano su ogni vetro disponibile, miagolando disperati.
Un delirio. La situazione è precipitata di colpo: e mi restano pochi minuti per arginare la piena.
Risolvo i drammi uno a uno, concedo al marito di vestirsi sportivo, mentre il rombo, nel forno, collabora attivamente, cucinandosi senza danni. Qualche anima pia tacita i felini con una cena abbondante, mentre io sguscio le vongole e faccio saltare il sugo: le capesante devono solo gratinarsi una decina di minuti, poi dovrebbe rimanere solo da sedersi e mangiare.
Crisi rientrata.
Appena calmate le acque – almeno quelle dentro casa – Stefy mi telefona, per avvisarmi che è tornata dal lavoro. Ci accordiamo per darci un tre quarti d’ora di tempo: la poverina ha perso mezz’ora per trovare una pasticceria, in un paese dove pare si vendano solo vestiti e scarpe. Mi confessa che è stata a un capello dal portarmi un paio di Geox.  
Le significo tutta la mia solidarietà, per poi tuffarmi in doccia a mia volta.
Quando esco per andare a recuperarla, diramo disposizioni perché, nel frattempo, sia messa a bollire dell’acqua: in uno slancio di zelo, i quattro buttano addirittura la pasta.
Serviremo così l’antipasto dopo il primo piatto, in una sequenza del tutto fuori dagli schemi. L’unica cosa che mi consola è che chi approda alla Stamberga, dopo avermi letta qui e altrove, non si dovrebbe attendere niente di meglio.
Tanto per non smentirmi, nel trasferimento delle seppie dalla pentola a una ciotola, verso generosamente il sugo anche sulla tovaglia e tutto ciò che vi è appoggiato sopra.
Meno male che il sugo era abbondante e che non ha raggiunto anche i miei abiti, o quelli di qualcun altro. Con me in giro, nessuno può considerarsi al sicuro: una sera sono riuscita a innaffiare di prosecco i pantaloni di un nostro giovane ospite. Le mie capacità distruttive non conoscono limiti.
Nonostante tutto, riesco – quasi – a salvare le apparenze: la cena si fa mangiare, il semifreddo faticosamente reperito dalla nostra ospite è così squisito da farci dimenticare l’orrore presentato da me, e stiamo tutti tanto bene assieme che la serata si protrae fin quasi alle due di notte.
Fine della differita, by Mpc. Rimaniamo in attesa dei commenti della sopravvissuta: vai, Stefy. Siamo tutti in attesa di leggerti, lo sai!  



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