Gatti e misfatti


Una sera come tante, a cena nella Stamberga. 
La Miss: “Poppi è entrato in camera mia, oggi?”
Io: “Boh! Probabile…”
La Miss: “Quel gattaccio si addormenta sul mio letto e me lo riempie di peli. Tenetelo fuori!”
Il gaglioffo: “Ma se ieri eri lì sdraiata sopra di lui, che lo coccolavi come un neonato!”
La Miss: “Perché è una tentazione irresistibile, quando lo vedo, tutto allungato e morbido. Però è sporco! Chissà cosa raccoglie, nei suoi giri a caccia di topi…”
Jurassico: “Ecco, brava. Vedi di ricordartelo la prossima volta che lo baci!”
“…”
Quando parli del felino, ecco spuntarne la coda: la pantera nera fa il suo ingresso in cucina, con incedere sussiegoso e la coda a ricciolo.
“POPO’!!!” è il saluto unanime col quale lo accogliamo. Il nome che gli hanno appioppato  quei quattro è tutto un programma.
Conscio della propria importanza, l’animale si siede a sfinge, accanto al tavolo: attende qualche boccone prelibato, fornitogli di contrabbando da uno dei picciotti. Come volto l’occhio, quelli gli allungano di tutto: dal filetto di branzino al bocconcino di vitello. Assassini.
Il rom, in divisa regolamentare – T-shirt scrostata, acquistata ad Amsterdam nel lontano 2005, calzoncini grigiastri, risalenti alla stessa era geologica, ciabatte inguardabili – si avvicina affettuoso al micio, per sussurrargli: “La Miss parla male di te…”
Il gatto non fa una piega.
Il maggiore: “E dopo ti lamenti se si vendica!”
Il gaglioffo: “Già, quando lo trascuri lui reagisce...”
Il maggiore: “Quando io e Andrea siamo al computer, e non lo guardiamo, si mette a saltellare per la stanza, facendo cadere oggetti inermi finché non gli diamo retta!”
Andrea: “Sì, lo fa proprio apposta. Ti guarda in faccia, immobile, solleva una zampa e colpisce. Poi volta il muso dall’altra parte, come a dire: - Io che c’entro?- E’ un vigliacco!”
Io: “Ma voi però gli lasciate carta bianca, a ‘sto gatto. Non potete sgridarlo, scacciarlo, fare qualcosa insomma?”
In coro: “NO!!!”
Jurassico tace e dissente. Ma è in minoranza assoluta. 
Poppi esibisce un’aria soddisfatta: poi si avvicina alla ciotola, chiedendo cibo.
Il gaglioffo: “Non chiedete a me di dargli da mangiare. Se sento l’odore della sua pappa vomito…”
Il virus non perdona: questo non tiene niente da quarantott'ore. Accidenti.
Il maggiore provvede a sfamare il questuante.
Nel frattempo, la Miss lo affronta, con piglio deciso: “Senti tu, brutta bestia. Se ti pesco ancora a far cadere i miei trucchi, faccio di te una pelliccia!”
Io: “Ha fatto danni in camera tua?”
La Miss: “Ieri mattina! Si è infiltrato da me, mentre ancora dormivo, e ha buttato a terra il mio fard. L’ha rotto! Questo orribile animale…” conclude, in tono zuccheroso, mentre lo prende in braccio e se lo spupazza come un bebè. Il gatto si divincola, balzando a terra un'altra volta: se non è in stato di semincoscienza, lui coccole non ne concede. La ragazza lo segue con lo sguardo, materna, indirizzandogli vezzeggiativi fantasiosi. Alla faccia della vendetta, tremenda vendetta. 
‘Sto gatto li ha stregati. Se la Miss gli fa passar liscia persino questa, è assodato: quello gode di immunità totale. Povera me: chi garantirà l'incolumità del mio salotto nuovo?

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